Dov'è Mario? è una fiction hegeliana.

Ideata da Corrado Guzzanti e Mattia Torre e trasmessa su Sky Atlantic, la serie ha rappresentato il ritorno in tv di Corrado Guzzanti, il quale abbandonato, per la prima volta, il fertile terreno dello show televisivo che tanta fortuna gli aveva portato.
L'idea, partorita nel lontano 2013, è stata sviluppata insieme a Mattia Torre (autore, tra l'altro della fiction Boris) per una durata di sole quattro puntate, perché così, parafrasando Guzzanti stesso, <<non si perde l'entusiasmo>>. Una fiction veloce e avvincente, insomma, da vedere tutto d'un fiato, quasi come se fosse un film a puntate.
La trama (molto in sintesi) è abbastanza semplice, ma svela al suo interno intrecci e sfumature di primissimo ordine: Mario Bambea, intellettuale di sinistra in crisi, subisce un gravissimo incidente d'auto che lo fa restare in coma per qualche giorno. Una volta ripresosi, però, al Bambea intellettuale si alterna il comico coatto Bizio Capoccetti, suo alter ego notturno e caciarone, espressione della comicità romana dei teatri di borgata e delle tv locali. Su questa contrapposizione si snoda questa commedia-thriller dal sapore surreale, curata dalla regia di Edoardo Gabbriellini, dove Guzzanti è mattatore unico. Forse anche ingombrante, perché nel cast ci sono attori di alto livello che interpretano nel migliore dei modi quel sottobosco di personaggi irrazionali e onirici partoriti dalla mente di Guzzanti, come Nicola Rignanese e Emanuela Fanelli (Faglia e Cinzia), Evelina Meghnaci (Dragomira, badante rumena esperta in assistenza agli intellettuali) Rosanna Gentili (Milly, la moglie adultera e altezzosa di Bambea), Valerio Aprea (Muscia) e il cammeo di Nello Mascia.
Dov'è Mario è satira par excellence: Guzzanti si cala alla perfezione nell'Italia pecoreccia figlia del renzismo (e nipote di Berlusconi). Dai giovani paninari al potere, alla comicità (sic) dei vari cabaret moderni, fino all'autoreferenzialità di certa classe intellettual(oid)e di sinistra. Da un lato Mario Bambea, nato dai salotti e dalle frequentazioni di Guzzanti Paolo, il rappresentate di quella schiera di personaggi colti che, una volta finita l'epoca di Berlusconi, o si sono votato al lìder Renzi o sono stati travolti dalle crisi d'identità e dalla rottamazione; dall'altro, Bizio Capocetti, il portabandiera della comicità volgare e stereotipata, basata sui centri commerciali, la vita di coppia e le battute (leggasi offese) al pubblico, con quel suo essere un po' Lorenzo e un po' Funari. E poi, il contorno: l'impresario improvvisato viscido e meschino, l'assistente truzza e molto stronza (la versione borgatara di Arianna di Boris), il comico decaduto che campava sull'imitazione - in stile bagaglino - dello stesso Bambea, il medico omeopata che denigra tutto e tutti.
Infine, non manca la stoccata allo stesso pubblico, generalmente inteso, perché l'Italia è un paese che ragiona per compartimenti stagni, per i quali se sei colto "non puoi vedere Masterchef", mentre se sei coatto non puoi leggere un saggio politico. Un'Italia divisa in classi e caste, ognuna chiusa in sé stessa ed inacessibile dall'esterno. Allora ecco che, un po' banalmente, entra in gioco Hegel: se al principio Bambea e Capocetti si combattono e si odiano, col passar del tempo iniziano a pungolarsi e ad influenzarsi. L'intellettuale ritrova la voglia di scrivere e il comico inizia a porsi il problema dell'utilità sociale della risata.
Attenzione, però, perché il finale di Dov'è Mario? non è propriamente hegeliano. Tesi e antitesi non si fondono nella sintesi, ma imparano a conoscersi, prendono consapevolezza che c'è un altro mondo al di fuori del proprio, che esistono le sfumatore tra il bianco e il nero. Tesi e antitesi che imparano anche a rispettarsi, perché sanno che vi è una varia umanità che ha bisogno tanto dell'elucubrazione sofisticata, quanto della risata liberatoria.

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