Di quelli come me, che alla parola jazz sono abituati a collegare il bop o l'hard bop, ce ne sono tanti. Quelli che sanno che il jazz c'era prima del '45, certo che sì, sanno le origini-gli sviluppi, sanno i nomi e i successi. Però hanno ascoltato poco, o magari niente. Gente così, com'ero io, dovrebbe comprarsi The Complete Atomic Basie. Intanto perchè è bellissimo, e la mia recensione potrebbe anche finir qui. In secondo luogo perchè Count Basie è uno di quei nomi di cui parlavo, è il periodo delle grandi orchestre, New York e Chicago, Fletcher Henderson, Duke vs. Count chissà chi è il migliore chissà...quel clima lì.
Questo album ha la capacità di aprirci le porte di un mondo antico, ma non impolverato, swing e sorrisi, sale da concerto (sale da ballo), gli States ruggenti dei '20 e i cupi dei '30. Atomic Basie è del 1957, ma profuma d'anteguerra.
L'orchestra di Basie fa una musica corposa, tutta sostanza e pochi orpelli. O meglio, gli orpelli ci sono, ma sono calibrati, pregnanti, non sono svolazzi di note a riempire un vuoto. Anzi, il Conte ci gioca col vuoto, spesso i fiati si vanno a fare un giro e rimane l'apparente voragine di un trio batteria/contrabbasso/piano, mentre la mano sinistra del leader si va anche lei a fare un giro (coi fiati?) e lascia la destra a saltellare sugli acuti. E i fiati ci mettono un po' a ritornare, oppure magari irrompono improvvisamente con una scarica di fuoco, o con piccoli contrappunti.
La grande orchestra di Basie in quello che è considerato uno dei suoi migliori dischi, l'orchestra (che annoverava in quel periodo gente come Thad Jones, Eddie Lockjaw Davis e Freddie Green) che sa essere MODERNA. Con un occhio sempre fisso al target, al pubblico: scontentarlo mai, fregarlo sì, eccome. Fregarlo, perchè il contentino c'è sempre, il tradizionale che tranquillizza e rassicura, ma contemporaneamente, sottilmente, Basie costruisce idee sempre nuove, e tuttora nuove.
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