Ieri mi accorgo di avere biglietti gratis per un noto cinema della capitale. Era l'ultimo giorno disponibile per sfruttarli, così, anche se oggi dovevo svegliarmi presto decido di non lasciarli scadere. Raccatto due amici e si va al multisala, visione da decidere all'ultimo momento.

Malgrado le diciotto sale, c'era poco da decidere, infatti gli orari d'inizio degli altri film erano proibitivi. Allora decidiamo per questo film, "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni", di cui avevo visto per strada qualche manifesto a cui non avevo prestato troppa attenzione. Pare sia il film che ha vinto il festival di Cannes. "Speriamo bene..." mi dico, e il film comincia.

Questa recensione per forza di cose entrerà molto nel dettaglio della trama, per cui se non volete sapere che l'assassino è il maggiordomo o vi stufa leggere più di dieci righe fermatevi qui.

E' la storia di un aborto clandestino. Siamo in Romania negli anni '80, prima della caduta di Ceausescu. Il film comincia con i preparativi di due studentesse fuori sede all'interruzione di gravidanza di una di loro. L'eccessiva lentezza della scena iniziale, l'insistenza sui dialoghi e su dettagli apparentemente insignificanti rispetto alla trama è la caratteristica costante di questo film. Ci metti un po' a capire cosa muove le azioni delle due ragazze, soprattutto all'inizio.

Gaby, la ragazza incinta, è poco sveglia. E' costretta per ragioni non meglio specificate al gesto in questione, e seppur molto dipendente dall'amica Otilia, con la sua impacciata mancanza di fiducia involontariamente le metterà i bastoni tra le ruote. Otilia dal canto suo non è una ragazza serena. Sembra subire la realtà che la circonda, fatta di ambienti squallidi e fatiscenti, decadenti al limite del grottesco e popolati di personaggi freddamente maligni. E' fidanzata con Ady, studente come lei, in apparenza premuroso ma in realtà molto attento alle apparenze. Le due ragazze abitano nella casa dello studente, e sono alla prima esperienza di questo tipo. Si basano sul sentito dire, e sulle raccomandazioni di ragazze che ci sono passate già. E' così che dopo dettagliatissime vicissitudini per trovare un albergo in cui abortire in segreto entrano in contatto col signor Bebe. Costui appare da subito un figuro squallido, freddo, pedante che sta sempre a rimarcare alle due ragazze che ciò che si apprestano a fare è rischioso per tutti e tre, e che lui per primo rischia la galera.

In quella stanza d'albergo la prima cosa che apprendiamo è che Gaby è bugiarda, e non si capisce se mente perché è imbranata o perché anche lei dentro di sé si illuda di salvare in qualche modo le apparenze: non è incinta di due mesi come aveva detto a Otilia e al Signor Bebe, ma di oltre quattro. Quattro mesi, tre settimane, due giorni. Quello che era un aborto si configura adesso più come un omicidio.

Il Signor Bebe, sempre meno accomodante scoperto il dettaglio aumenta il pressing sulle due ragazze: finge nervosismo ma in realtà sguazza nella loro disgrazia. Le mette psicologicamente con le spalle al muro e si svela per lo sciacallo senz'anima che è: in cambio del suo aiuto le forza ad avere un rapporto sessuale con lui. Esemplare la scena in cui Gaby, incapace di rifiutare questo ricatto si rifugia in bagno e apre il rubinetto per non sentire la sua amica mentre viene violentata nella stanza accanto.

Questo film è come un quadro iperrealistico: le situazioni, i personaggi, i dialoghi... tutto è curato nel minimo dettaglio. E tutto è offerto in maniera cruda e per nulla indorata all'occhio (e alla sensibilità) dello spettatore. C'è un uso intensivo di piani sequenza e inquadrature fisse: dall'apertura e in tutto il film ce ne saranno una quindicina, la maggior parte lunghe fino all'eccesso.

Come quando Otilia dopo la violenza va a cena dagli ignari genitori del ragazzo: la cinepresa inquadra frontalmente lei, Ady, i genitori di lui quasi schiacciandoli, comprimendoli, e tagliando via gli altri personaggi di cui però si sentono le battute in quasi fuori campo. L'atmosfera di festa forzata (è il compleanno della madre di Ady) e i dialoghi ottusi dei personaggi cozzano con lo sguardo di Otilia sempre più perso nel vuoto. La scena dura oltre dieci minuti ed ha un effetto altamente claustrofobico. Gli attori sono molto bravi, e difficile tenere la tensione giusta per tutta l'interminabile lunghezza di quelle scene.

Quando Otilia torna in albergo da Gaby questa la informa di essere riuscita ad espellere il feto: l'aborto è andato a buon fine. E qui forse c'è la scena più sconvolgente del film, che si spinge ancora più in la con l'inquadratura fissa del feto lasciato sul pavimento del bagno. In quel momento il silenzio assoluto.

Bisogna disfarsene, e Otilia, prima curiosa e poi invisibilmente sconvolta, non sa nemmeno come raccoglierlo da lì. Quello che segue è il suo viaggio notturno nella desolazione alla ricerca di un condominio con scivolo per l'immondizia. Le inquadrature sono mosse, sgranate, a momenti la luce va via del tutto e non si vede nulla. Si sente il rumore dei suoi passi, la sua confusione è chiara da come cerca di tornare sui suoi passi, dalla sua esitazione. Alla fine si sbarazza del suo ingombrante bagaglio e torna in albergo. Gaby sta mangiando, chiede all'amica dove lo ha sepolto (non voleva che fosse buttato nell'immondizia).

Il film finisce lì. Bruscamente, come se qualcuno abbia staccato la spina del proiettore. "Fine primo tempo?.." dice uno dei miei amici ironizzando sulla lunghezza del film (quasi due ore).

In tutto ciò il film non spiega perché Otilia si prodighi così tanto, rischi la galera e giunga fino a sacrificare la propria dignità per aiutare una persona che alla fine esiterà anche a dirle grazie, come ha esitato per tutta al durata del film. L'unica spiegazione è l'assoluta mancanza di fiducia, vera grande protagonista di questo film: c'è mancanza di fiducia in Gaby che mente e non dice risvolti importanti a Otilia, c'è la mancanza di fiducia verso il prossimo in tutti i gesti burocratici e le parole fredde degli albergatori e delle guardie, c'è la mancanza di fiducia nell'avvenire insita nel gesto dell'aborto. Io credo che Otilia alla fine si rendesse conto di tutto ciò, e si accorgesse di come non poteva contare su nessuno, nemmeno su Ady, troppo addormentato nel caldo involucro della sua famiglia. Per questo si accolla Gaby e va incontro a questo grottesco calvario: nella speranza di un "do ut des" di cui comunque non ha garanzie.

Il punto di vista del film non è facile da capire; è uno spaccato di miseria umana, per cui l'apparente critica all'aborto potrebbe benissimo trasformarsi in un'interpretazione di questo come gesto d'amore. Cosa che comunque non lo salva dall'essere una ferita traumatica, anzi. Ogni tanto in sala mi veniva da ridere: non ho mai visto tutti insieme simili abissi di grottesco. Usciti dalla sala infatti bene o male tutti i pochi spettatori presenti erano in preda a risate isteriche, me compreso. Manco fosse un film dei fratelli Vanzina.. Forse ci stavamo scuotendo via un po' di pesantezza.

Confesso che se non avessi avuto i biglietti gratis non mi sarebbe mai passato per l'anticamera del cervello di sottopormi a uno spettacolo simile. In qualche modo però questo è un film che ti rimane addosso, che veramente ti spinge a riflettere. Mi sono dilungato nella descrizione perché volevo arrivasse il senso di miseria e tristezza che pervade tutto il film. Almeno se qualcuno deciderà di vederlo saprà già a cosa va incontro. E poi è una sorta di catarsi.

Alla fine, credo che film come questi sia un bene che vengano prodotti. E col senno di poi, andrebbero visti ogni tanto, storditi come siamo da orchi verdi e uomini volanti.

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