Un po' di goliardia ogni tanto non guasta e pur non essendo uno sfegatato tifoso dello sport più chiacchierato del mondo, mi sono ritrovato tra le mani questo simpatico libro sull'argomento che mi ha fatto veramente divertire. Cristian Vitali, l'autore, ha creato, con tanto di schede ben dettagliate, un allegro campionario di calciatori stranieri che, brillanti all'estero o in terra natia, per un misterioso accanimento della sorte, appena approdati in Italia, si trasformavano in pippe da antologia. Con un pizzico d'amarcord, questi visi, almeno per un anno li abbiamo visti stampati sulle figurine quando da ragazzini ne sfogliavamo di mazzetti al ritmo di "ce l'ho, ce l'ho, ce l'ho, manca" e quindi mi sembra doveroso ricordarne, cronologicamente, qualcuno. Dagli stranieri di passaggio a quei fenomeni davvero eclatanti che tuttora stanno facendo incazzare qualcuno al solo sentirli nominare.

LUTHER BLISSETT - Uno dei casi in cui l'Italia porta male. Proveniente dal Watford, dove aveva deliziato il pubblico inglese con ottime prestazioni, venne acquistato dal Milan per la stagione '83-'84. collezionando 30 presenze per 5 goals. Pochino per un avvio promettente ma il problema maggiore fu che ne sbagliò almeno una ventina clamorosissimi, che sarebbero stati siglati anche da mio nonno ciabattino con il bastone ben fissato nel terreno di gioco, una scarpa nell'altra mano per bilanciare l'equilibrio e il vento a favore. Lui imputò tutto al clima e alla struttura di Milanello per poi tornare in Inghilterra e giocare almeno dignitosamente per un paio di lustri. Finito nell'oblio, un gruppo di scrittori italiani ne ha mutuato il nome per pubblicare fortunati romanzi per l'Einaudi.

HUGO MARADONA - Dell'asso argentino aveva solo il cognome in quanto fratello minore e dopo due stagioni quasi anonime nell'Argentinos Juniors venne acquistato dall'Ascoli per la stagione '87-'88. Ilario Castagner gli porgerà anche la maglia n.10 ma risulterà un deterrente eccezionale. 19 presenze e un solo goal per la brutta copia anche mal ricalcata di Diego Armando, la cui unica similitudine la si riscontrò nell'andare a donne sfruttando il cognome pluriblasonato del fratello. Ceduto l'anno dopo scomparve tra le panchine di oscure squadre nipponiche.

RENATO PORTALUPPI - Acquistato dalla Roma per la stagione '88-'89, fu la più grande svista del Barone Liedholm e una delle più grandi pippe che si possano ricordare. Centrocampista di rilievo in Brasile, dimenticò come giocare a calcio in Italia collezionando 23 presenze senza mai preoccuparsi di dove calciare per fare un goal, tanto da far esporre agli esacerbati tifosi romanisti lo striscione: "A' Renato, ridacce Cochi" (Ponzoni). Non si sa mai, non si sa mai... Più propenso alla frequentazione di locali notturni, si rivelò pippa in campo e pippatore fuori, in quanto onnipresente protagonista delle serate mondane tra droga e mignotte, soprattutto in compagnia dell'amico Maradona, non nuovo a queste prodezze. Ceduto l'anno successivo al Flamengo venne rimbalzato da diverse squadre per una decina d'anni fino ad approdare al Bangu, la risposta brasiliana alla Dinamo Castelformaggino.

ANDRADE - Approdato alla Roma in coppia con Renato (quando ci si vuole proprio far male), colui che doveva essere l'erede di Falcao si rivelò una enorme sega (non l'attrezzo). Relegato dopo appena 9 giornate e nessun goal ovviamente, venne ribattezzato dai tifosi come "Er moviola", in quanto estremamente lento e decisamente inoffensivo. Il tempo che impiegava, palla al piede, per raggiungere l'area avversaria dal centrocampo era pari a quello che avrebbe impiegato un calciatore comune dopo un goal per fare il giro del campo con le braccia al cielo, scavalcare un cartellone pubblicitario, arrampicarsi sulle recinzioni, abbracciare il calore del pubblico, togliersi la maglia per sventolarla con euforia, beccarsi l'ammonizione e protestare con l'arbitro. Ceduto in blocco con il Portaluppi tra una vista e una svista si sono ritrovati nello scoppiettante Bangu.

SERGEJ ALEJNIKOV - Una Juventus orfana di Platini e non di Osvaldo Sferrazzacucco, si rivolge alla Perestrojka per acquistare Aleksandr Zavarov, un mezzo tonfo, sulla cui scia nella stagione '89-'90 emerse un centrocampista, Alejnikov. Dimostratosi tonfo intero, venne presto identificato dalle curve bianconere come "Alentikov", a causa della predominante lentezza nelle azioni palla al piede. 30 presenze e 3 goals, (mica pizza e fichi!) venne ceduto al Lecce l'anno dopo, contemporaneamente con il collasso del suo paese natale. A Zavarov venne lasciato il martello per ritornare in fabbrica e a lui la falce, con l'augurio di trovarsi una sistemazione nei campi del Tavoliere.

MA MING YU - Difficile trovare in giro una mezza calzetta così spaventosa. Presuntuosa per giunta. Acquistato in pompa magna dal Perugia del Gauccione nazionale nel 2000, si rivelò ben presto un grandissimo dispensatore di doti senza mai però averle espresse in campo. Fenomeno delle conferenze stampa, dove dichiarava di voler fare meglio di Nakata, di vedere in Nesta il miglior calciatore italiano immaginando di batterlo facilmente giocandoci contro e indicando agli addetti ai lavori che:"...se Del Piero è Pinturicchio io sono Michelangelo!" Bene. Chiamato "Nonno" dai compagni perché a dispetto dei 27 anni dichiarati ne aveva probabilmente 32,  non ha mai esordito in serie A giocando due terrificanti partite amichevoli e qualche minuto nella prima di Coppa Italia. Spedito da Serse Cosmi in tribuna, dopo sei mesi venne rispedito da Gaucci in Cina.

VAMPETA - Brasiliano, idolo dei gay, venne acquistato nel 2000 dall'Inter di Moratti su suggerimento del connazionale Ronaldo per 30 miliardi. Dopo una sola presenza in campionato subito mise in evidenza ciò che non era e venne spedito a scaldare gli spalti del Meazza dal dimissionario Lippi e dall'avvicendante Tardelli. Dopo l'ultima chance donatagli in Coppa Italia e la conseguente bruciante sconfitta subita con il Parma per 6-1, la dirigenza lo eliminò prestandolo al Paris Saint-Germain che dopo due mesi lo scaricherà al Flamengo. Una meteora perfetta.

GAIZKA MENDIETA - Proveniente dal Valencia, pur non essendo mai stato tutto stò grande campione, venne acquistato dalla Lazio di Cragnotti per la stagione '01-'02, alla "napoletana maniera". Un pacco strepitoso. Costato la bellezza di 43 milioni di euro ancora sonanti, manco fosse un incrocio tra Cruijff e Di Stefano, collezionò 20 presenze senza mai chiedersi dove fosse stata collocata la porta opposta alla sua. Pur non varcando mai l'area avversaria, varcò molto spesso quella della panchina tra gli anatemi del pubblico biancoceleste. Grande provocatore di ulcere, svenimenti furiosi e imprecazioni eretiche da far confessare peccati a Berlicche, venne ceduto con l'espediente del contropaccotto al Barcellona dove almeno segnò appena 4 goals. Tuttora è preferibile non nominarlo neanche al più irriducibile degli Irriducibili. Meglio un figlio romanista che un altro come lui.

Per chi vuole distendersi o incazzarsi ancora una volta.

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