Milano, Marzo 2007, Conservatorio Giuseppe Verdi: Damien Rice torna in Italia dopo tre anni esatti dal suo ultimo concerto italico. Non posso mancare!!

La location é decisamente diversa rispetta a quella che aveva ospitato l'artista nel 2004 (Rainbow Club) e, purtroppo, é diverso anche l'atteggiamento del piccolo folletto irlandese… ma di questo ce ne accorgeremo solo a concerto iniziato. Facciamo un passo alla volta quindi. La prima cosa che bisogna ricordare di questa tiepida serata, in ordine cronologico, é la band di spalla (The Magic Numbers) che, sconosciuta a più, riesce comunque a conquistare e scaldare il pubblico del conservatorio, con una performance davvero gradevole. La chitarra é ben suonata, i suoni sono curati e le melodie che la piccola "abbondante famigliola" riesce a ricreare, sono davvero contagiose. Il pubblico canta, applaude e sembra non soffrire più di tanto per l'attesa che lo divide dal "concerto vero". The magic Numbers é quindi una band da riascoltare con calma e da valutare lontano dall'entusiasmo che un live porta inevitabilmente con sè. Finita l'esibizione della band londinese inizia l'interminabile cambio palco che farà da cornice a Damien Rice poco dopo.

Ci siamo, le luci si spengono ed il "folletto rosso" esce allo scoperto insieme alla band. Prima delusione della serata… Lisa Hannigan non c'é!!

Il pubblico attende e spera (come me del resto) che la bella e conturbante cantante esca poco dopo, per arricchire ancora di più lo spettacolo… ma quando la scaletta inizia a regalarci i pezzi che nel disco sono cantati con lei, Damien rimane solo e spegne così irrimediabilmente il desiderio di vederli duettare insieme come fecero nel Marzo del 2003 al Rainbow Club! Archiviata la delusione torniamo a goderci il live e la giusta alternanza tra brani nuovi e brani vecchi, che l'artista esegue con un equilibrio quasi circense interrotto solo da qualche brano inedito! La voce é davvero toccante, i suoni sono curati nei dettagli ed anche i giochi di luci sono gradevoli, seppur essenziali… tutto scorre per il meglio insomma e l'atmosfera rilassante, ci fa quasi dimenticare quell'atteggiamento freddo e un po' da rock star, che Damien assume inaspettatamente, cancellando in un colpo solo l'immagine che ci aveva regalato solamente tre anni fa! La timidezza é diventata certezza, la simpatia é ormai quasi ostentata e lo stupore per il calore del pubblico sembra svanire nel nulla… come se tutti quegli applausi fossero dovuti!! Sensazioni. Forse…

Lo spettacolo prosegue, qualche sospiro, qualche imprevisto tecnico (qualcuno gli spieghi che i pedalini vanno azionati prima di esser usati!!!) e qualche storiella ironica che introduce i brani… tutto è lineare, armonioso, coinvolgente. Attorno a me c'é anche qualcuno che si commuove e che manifesta, con le lacrime, un sentimento vivo che si sprigiona nell'aria insieme a quelle note. Dense. L'apice, a mio avviso, lo si raggiunge con "Amie", "Rootless Tree" (che Damien suona al piano e non alla chitarra come nel disco) e con la sempre verde "The Blower's daughter" che viene sfoderata durante la generosa parte di bis! La band é affiatata e meriterebbe forse un po' di spazio in più… ma purtroppo l'unico fuori programma che viene concesso, é consegnato alle mani della violoncellista Vyvienne, che abbandona per un attimo il suo strumento e si siede al piano per suonare e cantare una canzone in perfetta solitudine. Esperimento poco riuscito. Un freddo applauso evidenzia ancora di più la mancanza di Lisa e ci riporta alla formazione al completo per l'ultimo set di canzoni. Da apprezzare ancora una volta come la band si lasci trasportare, durante il live, dalle melodie stesse, per improvvisare e sperimentare suoni decisamente diversi e discostanti dalle atmosfere acustiche. Distorsioni, delay, flanger, wha-wha… c'é un po' di tutto ad arricchire il suono di quella stupenda chitarra acustica (qualcuno sa dirmi finalmente che cavolo di marca e modello usa?!?!) che Damien accarezza e graffia senza tregua e con ritmica alternanza.

Alla fine dello spettacolo esco dal conservatorio pensando che Damien Rice, nonostante le piccole delusioni già citate, rimane un grande artista, un personaggio di prima linea che spicca decisamente in alto, scostandosi dalla triste e piatta scena musicale degli ultimi anni. Speriamo solo che i soldi e la fama non rovinino anche lui… e che Lisa torni nella band per rendere ancora più completo il sound di questo piccolo cantastorie irlandese.

Grazie Damien… alla prossima.

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