"Severance" è una serie del 2022, osannata da critica e pubblico, perché pare che basti un'estetica minimalista e qualche riflessione superficiale sul capitalismo per far gridare al capolavoro. La seconda stagione sta andando in onda in queste prime settimane del 2025 su Apple+.
L’idea di base è intrigante: una misteriosa azienda, la Lumon, ha trovato il modo di separare i ricordi dei dipendenti tra lavoro e vita privata, trasformandoli in impeccabili automi aziendali. Grande potenziale per una storia drammatica che esplori i misteri della mente. Peccato che la sceneggiatura decida di prendere questo potenziale, farci una pallina e lanciarlo nel cestino, preferendo sviluppare la trama con un mix di horror grottesco, metafore scolastiche e cliché woke da manuale, a partire dall’ambientazione, dove gli interni della Lumon sono così freddi e impersonali da sembrare la versione asettica e al neon dell’inferno. Il mondo esterno è invece un festival del grigio invernale, sfocato e altrettanto alienante. La nobile arte del suggerire, questa sconosciuta.
Il protagonista dovrebbe essere Mark (Adam Scott), un impiegato che lavora con tre colleghi, ma la sua presenza è così passiva che a volte si confonde con l’arredamento. Quando il suo miglior amico e collega Petey sparisce misteriosamente, arriva a sostituirlo Helly, una stronza di prima categoria il cui unico talento è quello di creare problemi in crescita esponenziale. Nel primo episodio, il concetto del lavoro disumanizzante è certamente efficace, specie per il pubblico degli Stati Uniti, dove le grandi corporation inghiottono vite ed energie. In Italia, tra "imprenditori di sé stessi" e aziende più piccole, l’idea potrebbe risultare un po’ meno incisiva.
Dopo qualche scena ironica ma prevedibile sul nonsense del lavoro ultra-compartimentalizzato, la serie si lascia andare a scelte narrative che distruggono le brillanti premesse:
- Una guerra cannibalistica tra reparti, perché niente dice "critica sociale intelligente" come impiegati che si sbranano a vicenda
- Un mistero aziendale così enigmatico che sembra scritto da chi non ha la minima idea di cosa dovrebbe rivelare
- E soprattuto lo sbriciolamento della premessa: la “scissione” non genera due versioni amnesiche dello stesso individuo, ma persone completamente diverse, stravolgendo il concetto iniziale
E già che siamo in tema di scelte discutibili: il potere qui è saldo nelle mani delle donne, ma senza farle apparire nelle immagini promozionali, per non allarmare chi è allergico al woke. C’è la manager-manipolatrice Harmony Cobel (Patricia Arquette); la diabolica Helly, che guarda caso è pure erede della Lumon; la ribelle super-intelligente Reghabi; la wellness counselor Ms. Casey e Devon, la sorella incinta di Mark, sposata con un invertebrato come tutti gli altri maschi della serie spenti, ingenui, inutili, buoni solo ad innamorarsi fra loro con pudori adolescenziali. Sì perché la ciliegina sulla torta è una grottesca storia d’amore gay tra due timidi ultrasessantenni (niente di meno che John Turturro, 67 anni, e Christopher Walken, 81), perché altrimenti lo show non sarebbe abbastanza inclusivo.
Nonostante qualche sparuta scena thirller-horror con suggestioni splatter buttate lì perché il genere tira, il ritmo è soporifero, la trama si avvita su sé stessa, e già alla seconda stagione sta scivolando nell'insulso. Se volete rovinarvi la serata, approfittate del periodo di prova gratuito su Apple+, perché questa roba di certo non merita un abbonamento.
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