A dispetto di un titolo apparentemente banale e già sentito, questo film del milanese Corsini è un autentico capolavoro di cinema indipendente, saggio di una capacità narrativa eccelsa e di una consapevolezza visionaria che di rado si riscontra in registi ben più celebri.
Ambientato in una periferia milanese quasi deserta, nebulosa, rarefatta, il film rappresenta l'ultimo giorno di un uomo che ha avuto informazioni circa la distruzione della città per un attacco nucleare. Silenzioso e assorto, l'uomo (di cui non si spiegano nè l'identità nè il mestiere) vive queste ore di attesa senza tensioni e osserva il paesaggio urbano desolato di una mattina autunnale come se accettase l'ineluttabilità dell'evento.
Il senso di angoscia, però, diventa altissimo per lo spettatore che già conosce l'esito della vicenda: il protagonista infatti all'inizio del film scrive su un quaderno una sorta di memoria personale in cui riferisce quello che sta per accadere. L'angoscia è tanto più forte, quanto più si vede che quell'angolo di città sembra già colpito da qualche sciagura: è deserto, grigio, distante... l'esplosione atomica non può altro che rendere tangibile il teatro di morte e assenza che pervade tutto.
Impressionante la scelta dell'illuminazione, che all'interno dell'appartamento in cui vive l'uomo appare come se da fuori non penetrasse alcuna luce naturale. Eppure le finestre sono aperte sul mattino. Dunque si crea un forte contrasto tra l'ambiente interno e quello esterno.
Inoltre, c'è uno straniante approccio con la realtà urbanistica, dove l'enorme palazzo ronza di brusii assommati, ma non produce nulla di identificabile. L'azione ha luogo in un silenzio non completo, che sembra evocare la rovina a cui la città è destinata.
Alla fine l'uomo lascia l'appartamento e raggiunge il veicolo che ha parcheggiato sotto il palazzo. Intorno a lui solo poche figure incerte, lontane, che paiono già fantasmi nella caligine. In auto l'uomo sembra avere un'esitazione, ma poi mette in moto e parte per una destinazione ignota, con gli occhi lucidi.
Nell'ultima scena si vede un ragazzino che getta lo sguardo dalla porta-finestra di un terrazzino e vede una scia luminosa precipitare dal cielo. Al che sorride e si sofferma a guardare meravigliato.
Impossibile rendere a parole, comunque, un film tutto di immagini e atmosfere. Prodotto con povertà di mezzi e tutto giocato sulle luci e gli ambienti, "L'ultimo sguardo" per volontà stessa del regista e autore è stato distribuito solo a stretto giro di conoscenze. Una scelta comprensibile e condivisibile nel panorama cinematografico italiano odierno, che anche sul circuito indipendente ha seriamente compromesso ogni serietà per l'inevitabile paraculismo che impera in questo Paese.
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