Vittima di un'incomprensibile censura ad opera di un governo portatore di un'idea di democrazia alquanto contorta, Daniele Luttazzi non smette di dar sfogo alla sua creatività.


A far parlare del comico romagnolo stavolta non è un nuovo spettacolo teatrale nè un innovativo programma televisivo, bensì il suo primo lavoro in veste di cantautore, "Money For Dope", dalla genesi lunga e tormentata. La passione per la musica nasce, infatti, già in giovane età, tanto che nel periodo universitario, a cavallo tra gli anni 70-80, forma a bologna la sua prima band dal nome Ze Endoten's Control. Nel '79 Daniele, sconvolto dalla morte per overdose di una cara amica, decide di dedicarle una canzone, ovvero Money for Dope. Da allora nasce l'idea di un "musical elegiaco", come lo stesso Luttazzi ha definito il cd, che raccontasse alcuni frammenti di quella vicenda umana tragicamente interrotta. In "Money For Dope" a musicare i testi in inglese di Luttazzi c'è un'orchestra di dieci elementi che dà vita ad atmosfere jazz, funky e swing tipiche dei musical di Broadway; così si passa dai coinvolgenti ritmi di "Silence" al dolce pianoforte ed ai cori di "Vienna,Vienna", fino a sfiorare suoni blues-rock come nel brano "Doom".


Non c'è che dire, Luttazzi ha saputo stupire ancora una volta; chi pensava che il suo cd non potesse essere altro che un insieme di monologhi musicati, in realtà si trova a fare i conti con un lavoro discografico intimo, maturo, curato nei minimi particolari, che stupisce soprattutto se si pensa che è un'opera prima.

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