Difficile da catalogare nella filmografia argentiana, trattandosi di un prodotto fondamentalmente ambiguo per le ragioni che andremo ad esaminare a seguire, "Phenomena" rappresenta uno dei maggiori successi mediatici e commerciali di Dario Argento, oltre che un film divenuto parte dell'immaginario collettivo più di altri ottimi lavori del maestro, come "Tenebre" o "Quattro mosche di velluto grigio", giusto per citarne un paio.

Apparso nelle sale nei primi mesi del 1985, "Phenomena" può essere definito come un ibrido, non sempre controllato e, a mio parere, non troppo riuscito, fra il giallo classico argentiano degli anni '70 e l'horror della "trilogia delle tre madri": dal primo filone eredita una trama tendenzialmente lineare, con un killer che semina il panico in una svizzera memore di Dürrenmatt; dal secondo alcuni elementi soprannaturali (scarsamente credibili) e continui riferimenti alla realtà extrasensoriale, oltre che una claustrofobica ambientazione collegiale che ne fa una sorta di seguito di "Suspiria".

La storia ruota attorno alla solita studentessa americana che viene ospitata in un istituto di istruzione nel cuore dell'Elvezia, nello stesso periodo in cui un misterioso serial killer miete vittime fra le giovani del luogo. La ragazza, dotata di poteri "paranormali" (sonnambulismo, empatia con gli animali e con gli insetti) si trova obtorto collo coinvolta nelle vicende quando una sua cara amica viene, a propria volta, assassinata. La giovane collabora dunque alle attività investigative, stringendo amicizia con un entomologo ed il suo scimpanzé, a propria volta coinvolti nelle indagini a supporto della polizia, fino a scoprire l'identità del killer e le incredibili ragioni che lo spingono a delinquere.

Mi fermo ovviamente qui, evitando di descrivere il convulso finale della storia, soffermandomi piuttosto su alcune note critiche sul film.

Dirò subito che l'Argento irrazionale à la "Suspiria", "Inferno", "Phenomena" non mi è mai troppo garbato, ritenendo che il distacco da una trama solida e razionale porti il regista a compiacersi un po' troppo della forma dei suoi lavori, abbandonando la direzione degli attori, il controllo sullo sviluppo dell'intreccio e sui tempi della stessa narrazione filmica.

Di qui, un che di irrisolto che già contraddistingue "Suspiria" (finale frettoloso), che inficia quasi tutto "Inferno" (trama assente) e, da ultimo, lo stesso film in commento, passato forse alla memoria per un uso degli effetti speciali fino ad allora ignoto al cinema italiano e per riconoscibili allusioni ai luoghi comuni dell'horror (vergine nei guai-contrapposizione adolescenza/mondo adulto-contrapposizione bellezza/deformità-contrapposizione e affinità uomini/animali) che hanno fatto la fortuna del genere sin dai tempi di Mary Shelley, passando per Poe dei Delitti della Rue Morgue e finendo ai classici della Hammer o addirittura allo Stephen King di "Carrie", "Shining" o "L'incendiaria".

E' pertanto chiaro che, dietro questi luoghi comuni e dietro l'attitudine commerciale del film, non ultimo grazie alla bellezza della giovane Jennifer Connelly nel ruolo della protagonista, "Phenomena" presenta una trama piuttosto scontata e deludente, uno sviluppo dell'intreccio con eccessivi punti morti, una scelta delle locations più suggestiva che funzionale alla storia, risultando al dunque un film piuttosto noioso e, sia concesso, banale.

Le stesse scene delittuose, per la prima volta nel cinema del nostro, sono girate con scarsa convinzione, un po' perché non sono l'epicentro del film (l'epicentro sono le vicende paranormali della ragazza ed il loro allestimento scenico) un po' perché lo stesso regista non intendeva "Phenomena" come il solito film di delitti/indagine/soluzione inattesa. Ma se ciò è vero, sarebbe stato auspicabile che il nostro impostasse tutto il film in chiave phantasy/romantica, piuttosto che inserire le vicende della giovane Jennifer nel solito macabro contesto.

Il prodotto si salva solo grazie ad alcune scene immaginifiche, in cui sono coinvolti insetti e doti paranormali di Jennifer, ad una vasca piena di cose schifose che rappresenta l'apice del truculento e dell'esplicito orrorifico (e la fine di ogni linguaggio metacinematrografico o allusivo in Argento, seppellendo quanto di buono vi era in "Tenebre"), nonché grazie al cameo di Donald Pleasance (a proposito di Hammer...) ed alla splendida interpretazione di una Daria Nicolodi tornata improvvisamente ai fasti di un "Profondo Rosso", prima di separare la propria vita persona e professionale dal compagno.

Con "Phenomena", ad Argento ed ai suoi produttori è mancato, forse, il coraggio di staccarsi dai cliché, inconsapevolmente condannandosi a reiterarli per tutto il ventennio successivo ripetendo se stesso fino allo stremo.

Per cui definirei questo film come un'occasione mancata, il primo, ma definitivo, passo falso nella carriera del regista, un passo verso l'abisso da cui non sembra essere più tornato.

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