Sud della Svezia, città di Gothembörg: terra di vichinghi e premi Nobel, terra di heavy metal e in particolare di quel sottogenere del metal comunemente chiamato melodic-death metal.

Espresso forse per la prima volta dalla band degli At The Gates di Tomas Lindberg, che pure nasce un anno dopo i DT e gli In Flames, ma queste si prenderanno subito il ruolo di primi attori sul palcoscenico di questo genere, dando vita a quello che è diventato famoso come il Gothembörg sound. Gli In Flames sono stati per lungo tempo i “paladini dell’Ortodossia”, ma la loro evoluzione e infine ovvia ricerca di novità li ha portati oggi ad una leggera decaduta.Al contrario i Dark Tranquillity sono sempre stati refrattari alle pressioni esterne ed hanno percorso costantemente un sentiero da loro stessi tracciato, spesse volte sperimentale, che dal mio punto di vista li ha mantenuti sulla cresta dell’onda death metal dalla fondazione ad oggi.

Due anni sono bastati ai DT per affinare il sound sufficientemente a passare dalle sferzate di fuoco e ghiaccio del debut album "Skydancer" alla maestosa perfezione di "The Gallery": summa del Gothembörg sound e di prepotenza nella top five heavy metal di sempre. Un’ispirazione infinita, un persistente stato di grazia esecutiva dalla prima nota di “Punish My Heaven” all’ultima di “… Of Melancholy Burning”. Rispettivamente una frustata melodica di sofferenza assoluta e una chiusura potente, ma equilibrata nella sua cattiveria. Tra di loro l’universo: un caleidoscopico tunnel astrale riverso nell’anima dell’ascoltatore, da percorrere a velocità di curvatura. Amando tuttavia fermarsi di tanto in tanto a riflettere, filosofeggiare o semplicemente contemplare il mondo circostante, avvolti dolcemente tra melodie cupe e romite. Le mie membra vibrarono come poche volte in precedenza, la prima volta che ascoltai l’apertura di “The Emptiness From Which I Fed” e le sue rombanti accelerazioni ritimico-melodiche, oppure il delirio sanguinario di “The Dividing Line”. E il piacere di riassaporare il silenzio dopo la fine dell’ ultima canzone è anch’esso da imputarsi alla straordinaria carica emotiva di quest’album e anzi, sua parte integrante.

L’ascolto della musica è il piacere più profondo che un uomo si possa concedere nell’arco della sua vita; essa è ciò che nutre la sua esistenza allorchè l’altro grande piacere, l’amore, diventa inafferrabile. Sublima le tue sofferenze nella melodia essere umano o altrimenti per cosa per cosa è da vivere quest’esistenza?!

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