Cosa ci si può aspettare da un disco nato dall'unione di David Byrne e Annie Erin Clark (a.k.a. St. Vincent)?

Lui settantenne, artista poliedrico e geniale, fondatore della new wave con i suoi Talking Heads; lei trentenne, multi-strumentista e con all'attivo solamente tre album, seppur molto acclamati nel panorama underground.

La distanza che li separa anagraficamente è accorciata da una comune sensibilità e voglia di mettersi continuamente in gioco.

Si conoscono in un'ottima occasione: durante la realizzazione di "Dark Was the Night", compilation di vari artisti per raccogliere fondi necessari alla ricerca contro HIV e Aids. Da qui l'idea di mettere in piedi un live-show al quale chiedono di partecipare anche a Björk e ai Dirty Projectors; ma la collaborazione risulta talmente stimolante che il progetto si espande e i due iniziano a mettere in piedi una serie di canzoni per un intero album.

La Clark inoltre propone l'utilizzo di un ensemble di ottoni per le registrazioni, e a quello psicopatico di Byrne deve piacere tanto l'idea, dato che alla fine lo scheletro di tutti i pezzi è formato proprio da essi. I testi sono scritti per la maggior parte assieme, attraverso una fitta corrispondenza di e-mail.

Insomma i due fanno sul serio e il 10 Settembre esce "Love This Giant", dopo tre anni di lavoro affiatato.

Un album costruito su esaltanti groove funk e moderne drum machine (programmate da John Congleton, già producer di culto), che ci mostrano una delle migliori uscite di "nonno" David degli ultimi anni. Insomma questa ragazzina l'ha proprio rinvigorito, senza troppo subire l'influenza della Star (lo stesso Byrne la definisce "una collaborazione più democratica del solito).

Con il singolo Who non sono riuscito a stare seduto, mi sono dovuto alzare e provare a fare le "mossette" che i due fanno nel video in bianco e nero.

In Lightning la Clark mostra tutto il suo talento vocale, colorando una base molto semplice e ritmicamente sconnessa, più che nella "sua" Ice Age; Weekend In the Dust è un elefantino che gioca con una mosca (non so perché, ma mi è entrata nella mente quest'immagine la prima volta che l'ho ascoltata).

Vi ricordate il Byrne stonato come una campana dei Talking Heads? Ascoltate I Am an Ape e la suddetta Who e ditemi cosa ne pensate. I casi sono due: o è andato a lezioni di canto in questi ultimi tempi, oppure ci prendeva tutti per il culo negli anni '80.

The One Who Broke Your Heart sono i migliori Talking Heads di "Remain In Light"; nella bellissima Dinner For Two lo zio David è in forma smagliate, perfettamente a suo agio con il ritmo danzereccio del pezzo. Outside of Space & Time, composta in solitaria, apre e chiude con armonie che potrebbero ben accompagnare il finale di uno di quei colossal americani sulla guerra.

Un disco che si rivela essere una delle migliori uscite di quest'anno, fresco, moderno, con una puntina di art-chic, che riuscirà a farvi passare un bel pomeriggio autunnale.

P.s. La copertina del disco gioca con il tema de "La bella e la bestia", invertendo i ruoli, ma che cavolo ha in bocca la povera Annie?!?

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