Thriller ma anche dramma, "La promessa dell'assassino" (Estern promises) è, come sempre nei film del regista Cronenberg, una vicenda complessa e stratificata, un humus ricco di spunti che sta a noi attivare o meno.

Questa anomala pellicola di mafia è in realtà una raffinata indagine sul tema dell'identità, esemplificata dalla tematica del corpo e delle sue trasformazioni, concetto sempre centrale nella produzione del regista canadese, fin dagli inizi ("Rabid - Sete di sangue" e "La mosca" ). Scene chiave ce lo confermano, come quella dell'asportazione di denti e dita da un cadavere atte ad impedirne l'identificazione, oppure, ancor meglio, l'uso del corpo come un documento biografico, leggibile attraverso i tatuaggi che permettono la ricostruzione di una storia personale: splendida a questo proposito la scena dell'iniziazione. Identità, però, non solo a livello tangibile, ma anche psicologico, cioè il millenario "quel che vorremo essere e ciò che invece siamo". Ed ecco allora il rampollo di un boss (un Vincent Cassel finalmente degno di nota per abilità professionali e non solo per la bella e nostrana consorte ), succube del padre e frustrato nel tentativo d'esserne degno,  seppellire per questo le sue pulsioni omossessuali verso il proprio braccio destro (Viggo Mortensen, che si riconferma ottimo attore e non solo il belloccio di turno) a sua volta impegnato nel fingere d'esser ciò che non è (ma non vi rubiamo il colpo di scena).

Motore della vicenda è la ricerca da parte di un'ostetrica della famiglia di una bimba che sarebbe altrimenti data in adozione. Personaggio complesso, madre mancata, che vede nella neonata l'occasione per riaffermare le sue ambizioni materne frustrate da un precedente aborto spontaneo, è interpretato in maniera asciutta e senza fronzoli dalla brava Naomi Watts. Sullo sfondo l'identità di un popolo, quello russo, passionale e sanguinario, e della sua malavita, fiera di tradizioni e regole, norme ataviche che, anche nelle scelte sentimentali, non andrebbero mai violate.

Ideale seguito del precedente "A History Of Violence", dove sempre l'ottimo Mortensen impersonava un personaggio pacifico che nascondeva ben altra natura, il film è godibile e con una grammatica filmica di gran classe (splendida la lunga sequenza del bagno turco) e conferma sempre ad alti livelli il geniale David Cronenberg.

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