Il film ripercorre la storia di uno dei più sanguinari e spietati serial killer della storia, il mostro di Rostov, Andrej Romanov Chikatilo, cannibale e pedofilo che nell'arco di 12 anni ha sparso puro terrore nella vecchia Unione Sovietica, torturando e uccidendo più di 50 persone fra bambini e adolescenti. E' chiaro che argomenti di questo tipo non sono facili da riportare sul grande schermo senza cadere nello scontato o nel già visto.

Il nostro David Grieco ci riesce, dando alla pellicola un'impronta a tratti documentaristica. Il film esce nel 2003, ma l'idea prende piede già nel 1992, quando in tv assiste casualmente al processo di Andrej Chikatilo. Racconta il regista: <Vidi quest'uomo che veniva portato su per una scala di legno e una volta in tribunale lo attendevano donne che piangevano e inveivano contro di lui, una voce diceva: "Quest'uomo è un intellettuale, un insegnante, ha ucciso 55 bambini". Due giorni dopo ero a Rostov>. La sua idea era di fare un film, ma al ritorno decide di scrivere il romanzo "Il comunista che mangiava i bambini"; il protagonista è appunto Evilenko.

Il film viene girato interamente a Kiev, a vestire i panni del terribile Evilenko è uno straordinario Malcom McDowell in stato di grazia e amico  del regista. La forza del film sta nel mettere in evidenza il contesto storico dove si è svolta la terribile vicenda e cioè al seguito del crollo del socialismo in Unione Sovietica. Nel film, come nella realtà, il mostro è un insegnante affetto da impotenza che perde il lavoro perchè accusato di aver molestato dei bambini, ma grazie al partito comunista cui è iscritto riesce a trovare lavoro come operaio in una fabbrica fuori Rostov. E' così costretto a spostarsi in treno, ed è in questo frangente che avrà modo di adescare le proprie vittime: bambini che non avranno scampo e non rivedranno mai più le loro famiglie.

E' un Mc Dowell incredibile che impersona il male puro, per l'occasione cambia il suo portamento, il suo modo di camminare, il suo sguardo diventa magnetico e diventa così l'uomo nero, quello che tutti noi fin da piccoli abbiamo temuto potesse "prenderci". Tutto ciò gli permette di essere credibile specie nelle scene dove, con fare rassicurante, abborda le sue vittime spesso a fermate di autobus e treni sperdute nell'immensa campagna sovietica e il bosco diventa autentico teatro del terrore di quello peggiore.

Il regista non ci mostra scene raccapriccianti, il terrore è suscitato dai dialoghi che lasciano alla nostra mente il compito ingrato di immaginare l'accaduto, aiutati anche dall'ottima fotografia di Fabio Zamarion, davvero eccellente. Di rilievo l'interpretazione di Marton Csokas nei panni di Vadim Timurovic investigatore, che capisce che l'unico modo per catturare il mostro è di entrare nella sua mente e iniziare a pensare come lui, peccato che qua siamo sul gia visto. Bella comunque la scena dell'interrogatorio finale, dove per far confessare il mostro, Vadim impersona un bambino, e un McDowell nudo e quasi in trance ripercorre la fase dell'adescamento... la paura del bambino davanti ad un estraneo... le false rassicurazioni che dà all'innocente... arrivando a conquistarne la fiducia, sempre, tutte le volte, ancora in trance, Evilenko pensa alla sua vittima, mentre nelle sue orecchie non ode altro che la succulenta vocina di Vadim.... si scaraventa contro di lui e gli sferra un morso sul collo, assaggiandone il sangue; ecco che la sua impotenza svanisce e riesce ad avere un'erezione... un finale coi fiocchi,  che non poteva che concludersi con la condanna a morte del mostro conteso da Germania e USA (vivo) avvenuta il 14 novembre del 94, con un colpo alla nuca ma non ci sono certezze se sia avvenuto veramente.

4 stelle grazie alla superlativa prova del vecchio Alex.

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