In un futuro indeterminato un’astronave commerciale viene colpita dai detriti della coda di una cometa e, attratta dal campo gravitazionale di un pianeta sconosciuto con tre Soli, costringe i suoi occupanti semi-ibernati a un traumatico risveglio anticipato e a un drammatico atterraggio di emergenza.

Tra i sopravvissuti all’impatto con la superficie desertica del pianeta una giovane pilota dell’equipaggio, un Imam con tre giovani discepoli, un ingegnere, un ragazzino, un eccentrico antiquario e un pericoloso criminale incatenato e controllato a vista dall’uomo che lo ha in custodia. Criminale che riesce a vedere nel buio in quanto ha subito una modifica dei recettori visivi.

Una prima esplorazione del vasto ambiente desolato porta ad una serie di indizi che non promettono nulla di buono; quindi a scoperte sempre più inquietanti da cui i sopravvissuti ricostruiscono un passato misterioso e svelano il futuro che li attende.

Le tensioni tra i vari individui che cercano risposte e soluzioni di salvezza si intrecciano con il senso di ineluttabilità che li sovrasta, fino a concentrarsi in una terrificante esperienza di sfida e di morte con un nemico inatteso, la cui presenza e forza viene determinata da sfortunate circostanze astronomiche (una lunghissima eclisse).

La prima sensazione che affiorò visionando alla sua uscita questo film (era il 2000) fu che Alien continua a fare scuola a distanza di decenni. Il che se da un lato può essere pertinente per certi meccanismi narrativi e certe scelte iconografiche, dall'altro induce automaticamente a individuare molte altre reminiscenze cinematografiche. Perché la pellicola del regista australiano David Twohy rimaneggia svariati cliché del genere, senza peraltro scadere in un citazionismo a buon mercato.

L’incipit ha qualcosa di analogo alle sciagurate vicende della Nostromo di Dallas e Ripley: viene deviata dalla sua rotta risvegliando anzitempo i passeggeri dallo stato di ibernazione. Le spaventose creature che danno la caccia ai malcapitati hanno dentatura acuminata e retrattile. In parte l'estetica del pianeta ricalca certe scenografie archeomeccaniche che Giger aveva progettato per caratterizzare alcuni passaggi di Alien (i giganteschi scheletri) Ma di Alien non c'è la claustrofobia metallica e umidiccia, le dinamiche che si attivano tra i personaggi sono determinate più da un retroterra sociale e culturale che gerarchico. L’ambientazione del pianeta desertico, poi, ricorda titoli come Il pianeta proibito e Screamers, mentre il ritrovamento del campo base abbandonato ha illustri precedenti in moltissimi film di fantascienza. E le creature aliene che temono la luce sembrano frutto di una crasi mitologica: attirate dal sangue e con una forma che ricorda un ibrido tra il pipistrello e il drago. Alla fine ben diverse dai "granchiacci" che infestavano il satellite LV-426.

Questa commistione di riferimenti e ispirazioni non corrompe certo l'efficacia dell'opera. Twohy lavorando con un budget molto ridotto rispetto alla media delle produzioni sci-fi mirava con determinazione a ottenere un prodotto avvincente, capace di superare con vari espedienti narrativi il rischio di suonare totalmente derivativo.

Poi c'è da sottolineare che una buona porzione di appeal la deve al personaggio del galeotto pericolossisimo (Richard B. Riddick interpretato da Vin Diesel) che si adopera per la sopravvivenza comune e tiene testa ai mostri. Riddick appartiene a una lunga tradizione di villain tracotanti con un certo senso del giusto. Innesca da subito una forte fascinazione sullo spettatore, si rivela l'uomo risolutivo - sebbene non completamente salvifico - e diventerà infatti protagonista di una saga di successo incentrata sulle sue disavventure.

Il resto del cast si carica di personaggi qua e là un po' stereotipati, ma tutto sommato formanti un gruppo eterogeneo che riesce a funzionare, pur nella prevedibilità di molti comportamenti. Diretto con un occhio al cinismo generale e uno all’ironia, grazie alle imbeccate delle battute machiste di Diesel e del suo antagonista, il gelido poliziotto eroinomane Johns.

Più rilevante, semmai, il risultato nei numerosi effetti ottici e digitali, efficaci e mai sopra le righe. Cito ad esempio la scena iniziale dell’atterraggio di emergenza, la scena degli stormi di alieni che escono dai pinnacoli all’orizzonte e la scena dell'inizio della rapidissima eclisse. Sono momenti carichi di tensione e pathos, puro cinema d'azione talora capace di una spettacolarità che non lascia indifferenti. Tanto più ricordando nuovamente che è un film del 2000 e che costò appena una ventina di milioni di dollari: cifra già allora estremamente bassa per un lavoro di quella portata.

I successivi capitoli della saga di Riddick, detto a margine, non hanno più avuto l'impatto emotivo e visionario del primo. Per svariate ragioni, le loro caratteristiche complessive esulano dallo spirito che animava Picth Black. E dunque non hanno avuto la stessa approvazione. Il nuovo capitolo Riddick: Furya è comunque in lavorazione.

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