Domenica che chiude le vacanze di Natale, una Piazza Navona affollata da bancarelle e turisti, la splendida sagrestia del Borromini a Santa Agnese in Agone, gli ingredienti giusti per un concerto, quello del pianista napoletano Davide Costagliola che ha dedicato il programma a Grieg e Brahms. Eppure qualcosa non ha funzionato. Tralasciamo "piccolezze" come errori e macroscopiche mancanze nei programmi di sala e una acustica che alla fine si è rivelata poco adatta per un concerto per pianoforte, quello che realmente  è mancato è stato il pubblico. Sala quasi piena, certo, ma della rappresentazione… surreale e caricaturale del pubblico. Perchè è forse pubblico quello che, incapace di percepire emozioni, si agita irrequito sulla sedia, scarta rumorosissime caramelle o è totalmente passivo, per non dire dormiente, quello che centellina l'applauso per farlo poi spegnere senza calore, incapace di esprimere in alcun modo entusiasmo per un pianista (un bel Pianista), come avesse fretta di immergersi di nuovo nell'atmosfera zuccherosa della Piazza. Una manifestazione di pochezza intellettuale tale da far veramente passare la voglia di suonare a chiunque, eppure, Costagliola ha suonato, e come!
Il Grieg della giovanile op. 7 e dell'op. 52, con sprazzi di intimo melodismo, sempre per la verità un po' esteriore e descrittivo, forse perchè non se ne è percepita l'unitarietà e l'armonioso stare insieme delle parti con il tutto, non ha retto il confronto con due tra le opere più belle di Brahms, dopo il quale, forse ancor più che dopo Beethoven, generazioni di musicisti hanno dovuto fare i conti. Nate nella maturità, quando il sogno è ormai divenuto rimpianto e non c'è più tempo, le Rapsodie op. 79 e soprattutto l'op118, hanno rivelato in Costagliola i tratti di una volontà espressiva pura, senza isterismi e convulsioni, senza esasperazioni, una intensità priva del superfluo arricchita da una invidiabile ricchezza di piani sonori. La capacità di dominare la struttura dell'opera brahmsiana ha reso perfettamente percepibili i rimandi tematici che legano il I intermezzo, con la sua atmosfera ambigua, alla Ballata, perno della composizione, e questa all'Intemezzo finale in cui riaffiora il motivo tematico fino a spegnersi nell'ossessivo e rassegnato suo riavvolgersi su tre note. Un Brahms frutto di un grande approfondimento interpretativo. Suonato così ci ricorda che la musica non riguarda l'esteriorità, il fare, la quantità, categorie note alla maggior parte degli ascoltatori, orecchianti... del concerto: la musica "è" e come tale rientra nella categoria della qualità, dell'essere, di ciò che sfugge la parola, inesprimibile e ineffabile.

Vera Mazzotta

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