while(1<2) è il primo album del produttore canadese Joel Zimmerman, in arte deadmau5.

Già, il primo, non il settimo. Questo doppio disco, pubblicato nel 2014, infatti, è la prima (e ad oggi unica) opera del Topo ad avere un'identità ben precisa, riscontrabile in tutte le tracce.

Ad un'analisi superficiale dell'opera, un commento simile applicato ad una raccolta di ben 25 pezzi che spaziano per i più svariati sottogeneri dell'house danzabile (e non) sembra a dir poco assurdo. Il punto di forza di while(1<2), riscontrabile soprattutto nel disco 1, è la coesione generale: i pezzi sono abbastanza diversi fra di loro, ma condividono lo stesso mood malinconico e sognante. Non mancano i momenti più spensierati e prettamente ballabili, come l'opener "Avaritia". Essi rappresentano però una minima parte dell'album. Questo ben si capisce già dalla successiva "Coelacanth I", un breve interludio di soli sintetizzatori in cui deadmau5 dimostra non solo di essere sempre capace di scrivere melodie semplici ed affascinanti, ma anche di avere il coraggio di percorrere strade diverse da quelle che desidererebbe la sua fanbase. L'intero album è - a ben vedere - una raccolta di pezzi che se ne fregano del successo commerciale e puntano alla soddisfazione personale del loro compositore. Sono ben evidenti le influenze dei Nine Inch Nails in brani quali "Rlyehs Lament", che vanta un'atmosfera rilassata e rilassante. Sono inoltre da vedersi come una sorta di tributo a Trent Reznor i due remix presenti nel disco, "Ice Age" e "Survivalism" (forse le due canzoni meno riuscite del lotto).

Mai come in questo disco deadmau5 punta a creare pezzi d'atmosfera e si avvale di ogni strumento a sua disposizione per raggiungere tale scopo: dai campionamenti di ASMR presenti nella inquietante "Terrors in My Head" agli arrangiamenti curatissimi degli archi (notevoli quelli di "Coelacanth II"). Un altro elemento che rende quest'album profondamente diverso dai suoi precedenti è l'utilizzo di strumenti "inusuali" nella musica EDM o progressive house, generi che ben si sposano con l'artista ma non con il disco in questione, eccezion fatta per un paio di momenti (tra i quali spicca "Mercedes", posta a metà del secondo disco, dopo una successione di brani più tranquilli): a tal proposito meritano una menzione le chitarre acustiche di "Silent Picture" e "Monday" e la graffiante chitarra elettrica posta nel contesto ambient di "Somewhere Up Here", rivisitazione di una precedente collaborazione con Colleen D'Agostino intitolata "Drop The Poptart". Lo strumento protagonista dell'intero disco è però il pianoforte, presente in quasi metà delle tracce. Esclusa la mediocre e noiosa "Invidia", che non appariva migliore sull'EP "7", questo strumento è capace di valorizzare al massimo le intuizioni melodiche di Joel Zimmerman e guidare composizioni degne di nota: è il caso di "Gula", che si apre malinconica, viene presto spezzata da un basso potente e da un beat liberatorio per poi ricondurci verso la medesima progressione di sintetizzatore che costituiva il build-up di "Avaritia". Semplici eppure meravigliose anche le melodie di piano presenti in "Terrors in My Head", "Coelacanth II" e "Ira".

C'è solo un pezzo che appare nettamente fuori contesto, la conclusiva "Seeya", altra collaborazione con la sopracitata Colleen D'Agostino, un pezzo comunque originale per deadmau5, guidato da un ottimo giro di basso.

Pochi giri a vuoto, album solido seppur lungo. Consigliatissimo anche a chi non è un estimatore dell'elettronica.

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