Potrebbe essere tutto così assurdo? Oppure potrebbe avere un senso? Mi sono ammalato, ho consumato il mio senno domandandomelo. Apro gli occhi e mi sveglio -mi sveglio, proprio come fanno milioni di uomini, donne e bambini e vecchi... I loro insignificanti sonni muoiono, dissipati per sempre.
Mi sveglio di soprassalto, notte di sudore ed affanno. Vedo il mio doppio. Cosa vuole? Mi fissa. Mi lacera. Mi sussurra parole che non comprendo e non sento ma che nel mio debole cuore rimbombano, e angosciano, asfissiano. Mi sorride, gelido fantoccio. E mi accorgo che è un incubo dal quale non posso fuggire.
Improvvisamente odo una donna invocare Dio in una folle e sommessa preghiera; miserere, canta, miserere mei Deus!, intona psicotropa. Non la vedo. Tutto è immerso in una caligine lattiginosa e rarefatta, così pura e allucinante e pestilenziale che quasi ho l'impressione di essere al cospetto del Signore. Ma il canto s'interrompe; ecco, finalmente scorgo qualcosa: da lassù, battiti d'ali, candore opalescente, orde di angeli gloriosi e messaggeri alati irrompono solenni e annunciano la venuta del Signore! È uno spettacolo atroce, vomitevole.
Guardatelo, il vostro Dio! Come avanza, altero, spietato. Guardatelo! Ammirate, lodate il Re dei Cieli!
Lo ucciderò. Perdonami, Padre, perdonami, perchè non so quello che faccio!
Avreste dovuto vedere la Sua faccia, mentre le mie mani s'avvinghiavano come serpi d'acciaio sul Suo collo –stritolandolo mettendolo a tacere —Ma i suoi occhi azzurro Empireo non smettevano di fissarmi, severi ed abbacinanti! Mi uccidevano. Eccitato, inorridito vedevo la luce divina farsi velo opaco. Si spense. Un indicibile senso di potere mi pervase, sì. Sì! Ero finalmente uno spirito libero, aperto e sofferente, sofferente e morente e felice.
Poi accadde tutto in un istante.
I contorni si sciolsero e si deformarono; immensi e contorti alleluia scaraventati in un vuoto siderale; la nebbia divampava in un miasma ustionante; diafane cantilene (urla!) gregoriane stridevano dissonanti e celestiali; l'angoscia, aracnide paziente, tesseva e filava una litania velenosa; sentivo il sapore del terrore e della vittoria sulla punta della lingua; vedevo disperate schiere di arcangeli senza volto piangere e precipitare in un diluvio rosso cremisi; vedevo il cielo incrinarsi e andare in frantumi; e un varco nero si spalancava minaccioso sul nulla, sopra il trono di un Dio spodestato...
Mi sveglio di soprassalto, notte di sudore ed affanno. Vedo il mio doppio. Mi sorride, gelido fantoccio. E mi accorgo che è un incubo dal quale non voglio più fuggire.
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