I Defiled sono un quartetto giapponese, in attività ormai da circa una decina di anni, con due Full Lenght e alcuni demo all’attivo. Quello che vado a recensire non è il primo Lp, ma uno datato 2001, nel quale la band riprende il discorso iniziato nei lavori precedenti.

Inizierò col dire che questi quattro nipponici devono aver detto “Addio” al loro encefalo diversi anni fa, di sicuro prima di prendere in mano gli strumenti e mettersi a suonare: il disco in questione è assolutamente irrazionale e privo di logica. Le canzoni sono estremamente strutturate e complesse con continui cambi di tempo e di “melodia”: i riff di chitarra sono quanto di più bizzarro possa essere concepito da una mente umana e alternano parti di potenza immensa a scale schizoidi che sono degli ostacoli insormontabili per qualsiasi chitarrista o sedicente tale. Il batterista si esibisce in numeri dalla notevole difficoltà passando da tempi molto tirati a controtempi più lenti senza molti problemi: si può dire che il suo drumming sia una mosca bianca nel panorama del Death in quanto ricorre raramente ai cliché del genere (lunghe rullate di doppia cassa o blast beat). Anche il bassista sfoggia un bagaglio tecnico eccezionale; soprattutto considerando che il gruppo è fornito di una sola chitarra e che quindi questo ragazzo deve darsi doppiamente da fare in modo da riempire il suono, le sue doti risultano molto al di sopra anche di altri grandi bassisti e si fanno sentire ed apprezzare in più occasioni. La voce è un growling profondissimo e per niente gorgogliante, insomma un ottimo cantato, molto longevo e della giusta tonalità.

Insomma avrete capito che ci sono i presupposti per dare vita ad un eccellente gruppo Brutal/Death, ovvero esecutori impeccabili anche nei passaggi più complicati (che vi assicuro che sono proprio tanti, anzi pressoché tutti i trentasei minuti di questo disco) e molto fantasiosi dotati infine di un cantante molto in gamba; purtroppo, però, manca l’omogeneità necessaria a fare di “Ugliness Revealed” un disco ascoltabile. Il riffing risulta in più di metà del disco talmente illogico che rasenta, anzi, affonda nella cacofonia; non solo, a differenza di gruppi come Dillinger Escape Plan e Cephalic Carnage (quelli con cui il paragone viene maggiormente spontaneo), i Defiled mettono insieme una sequenza di visioni e di deliri che scorre via senza lasciare una traccia molto profonda.

La prestazione del batterista, poi, risulta tanto brillante quanto infeconda: sebbene gli spunti interessanti abbondino e sia molto particolare ed inconsueta, l’irripetibilità dei suoi passaggi li rende irriconoscibili e soprattutto dallo scarso impatto e poco coinvolgenti. Anche se il lavoro svolto dai quattro è imprescindibile sotto il profilo della perizia, risulta veramente poco digeribile e inclassificabile in qualsiasi genere. Difficile anche citare qualche gruppo a cui facciano riferimento: infatti il loro sound non si limita a ricalcare o riproporre secondo la loro chiave di lettura quello delle due band precedentemente nominate, ma aggiunge una venatura oscura particolarmente cara al Brutal Death vecchia scuola. Sembra quindi di essere di fronte ad un disco Free Jazz (molto ma molto free) con la potenza e l’attitudine del Brutal più tecnico ed efferato: nonostante questa definizione possa risultare allettante per molti amanti della musica estrema, ritengo necessario puntualizzare il suo lato negativo, perché di fatto si traduce in inascoltabilità pura. Le “melodie”, se così vogliamo chiamarle, sono frutto di accostamenti fonici tanto sperimentali da risultare fastidiosi e nel contempo è assente l’impatto emotivo, o anche solo sensoriale tipico del Mathcore o dell’Industrial.

C’è da dire che la produzione inadeguata (troppo confusionaria e poco piena) danneggia molto il mood dell’album che risulta perciò parecchio inespressivo. Proprio per questo mi pare appropriato paragonarlo al Free Jazz, un puro esercizio di stile stonato e disorganico: purtroppo gli amanti del Jazz considereranno troppo duro quest’album mentre i fan del Death non lo riconosceranno come appartenente al genere. Io stesso gradisco questo cd solo in virtù del fatto che non appartiene né all’uno né all’altro e che i Defiled si sono creati una nicchia tutta per loro. In conclusione ci terrei a far notare che delle diciotto tracce totali, solo undici sono canzoni vere e proprie; le rimanenti sono intro fatte di rumori e suoni, a dire il vero non molto significativi ma nemmeno di cattivo gusto (cosa consueta nel genere). Inoltre il materiale di questo album è stato scritto negli anni che vanno dal 1997 al 2000 e registrato negli storici Morrisound Studios (già sale di registrazione di capostipiti del Death come Cannibal Coprse, Death, Deicide, Obituary, Suffocation, Gorguts e molti altri): non vi stupirete dunque nel constatare che in alcune canzoni il sound è decisamente più grezzo. Nota di merito per i testi, veramente belli, eleganti, quasi Sveviani: ricordano vagamente le liriche del mai troppo rimpianto Chuck Schuldiner dei Death (RIP) per la loro attenta ed aggressiva analisi dei peggiori stereotipi umani (l’ipocrita, il bugiardo etc.).

“Ugliness Revealed” ha molti pregi e lascerà senza dubbio stupefatti, ma oltre ciò provocherà ben poche altre reazioni: un disco composto bene e suonato meglio, ma che tutto sommato risulta inconcludente.

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