Di artisti incompresi è pieno il mondo, ma una menzione particolare meritano coloro che hanno avuto molti alti e bassi nella loro carriera . In particolare andrebbero compresi (almeno nei loro tormenti) quegli artisti che, partiti alla grande alla prima prova, si sono trovati in serie difficoltà a confermare il proprio talento. Poi sono comunque riemersi, ma lo scintillio iniziale è rimasto un bel ricordo.

Giusto per non far nomi (si fa per dire sennò non si procede) a citare Dennis Hopper il nostro pensiero va a varie interessanti prove in qualità d'attore in film diretti, fra l'altro, da Ray, Corman, Coppola. E poi Hopper è stato anche regista. Solo che, una volta citato il suo esordio notevole in tale veste per "Easy rider" , è bene ricordare che mantenersi successivamente a quei livelli qualitativi non gli riuscì completamente . Ed è utile, in tal senso, andare a rivedere il suo secondo film dal titolo "Fuga da Hollywood (The last movie )" per constatare come certe idee interessanti non furono poi adeguatamente sviluppate .

L'azione si svolge nell'entroterra peruviano ove una troupe cinematografica, diretta da Samuel Fuller, sta realizzando un film western. Un giorno si verifica un incidente sul set che costa la vita ad uno stuntman. Il film non si farà più e uno degli stuntman di nome Kansas (interpretato da Dennis Hopper) decide di stabilirsi nel villaggio peruviano. Lì per lì gli pare di aver scelto al meglio, trovandosi in una località di grande bellezza, immersa in un habitat naturale quasi incontaminato. Purtroppo, però, quanto lasciato sul posto dalla troupe cinematografica genera curiosità e spirito di emulazione da parte degli indios locali che vorrebbero cimentarsi pure loro nell'arte cinematografica . Il fatto è che, data la loro mentalità naif e premoderna, non comprendono l'esistenza di un netto divario fra realtà e finzione filmica. Quindi, per loro ricreare scontri armati dinnanzi a cineprese è inteso come agire senza fingimenti, in una vera e propria presa diretta dagli immaginabili esiti cruenti. La situazione diventa quindi pesante anche perché il prete del villaggio (interpretato da un incredibile Tomas Milian) indica in Kansas, gringo maledetto, il capro espiatorio di questa deriva violenta . E così, quello che poteva apparire come il miglior modo per fuggire da Hollywood e dal mondo cinema, si rivela per un'altra trappola per chi si illudeva di aver trovato l'Eden in terra..

Realizzato nel 1970 in Perù e sull'onda del grande successo riscosso da un film di piccolo budget come "Easy rider", "Fuga da Hollywood (The last movie)" è il classico esempio di una pellicola animata da grandi propositi che restano però a metà strada. D'altra parte, proviamo a metterci nei panni di Dennis Hopper : ti trovi investito da un successo che forse non ti aspettavi, i produttori ti danno carta bianca e riuscire a girare un film altrettanto valido non è poi così semplice, sei proprio sotto stress . Giri ore e ore di filmato e devi comunque sfrondare quel materiale per conferirgli una durata standard (saranno poi 108 minuti). L'opera ha comunque spunti interessanti gettati qua e là : il ritorno ad una natura incontaminata, il ruolo del mezzo cinematografico nel creare una sorta di egemonia culturale su mondi da noi diversi, tanto da delineare una sorta di imperialismo yankee (vero ma mi viene da pensare che anche il cinema di Hopper contribuisce in tal senso..).

A ciò poi si aggiunga il ricorso ad un montaggio ricco di flashback e uno stile registico memore della lezione di Godard per il quale un film ha un inizio, uno sviluppo ed un finale ma non esattamente in questo ordine. Peccato che il regista franco svizzero abbia sempre avuto tanti seguaci non in grado di eguagliarlo e Hopper, in questo caso, non fa eccezione .

Quello che poi manca, a mio avviso, nel film è uno scatto nel dipanarsi della trama che accenda l'attenzione dello spettatore. Una pellicola come "Easy rider" è tutto fuorché noiosa, diversamente da questa seconda prova di Hopper che , dovendo portare a termine il tutto, ha finito con realizzare un lavoro abborracciato, come se alla fin fine se ne fosse disamorato mentre stava attraversando un periodo difficile per abusi di sostanze stupefacenti.

Presentato al festival di Venezia nel 1971, "Fuga da Hollywood (The last movie) " non ebbe poi sorte felice. Gli stessi produttori, tanto precedentemente prodighi con il regista, si convinsero che non conveniva rischiare capitali per opere troppo sperimentali. E prima che lo stesso Hopper potesse tornare dietro la cinepresa sarebbero dovuti passare 9 anni, facendosi notare come attore in parti secondarie (da ricordare nel ruolo del fotoreporter in "Apocalypse now" di Coppola) .

A distanza di così tanti anni da queste vicende ,vedere "Fuga da Hollywood " , un po' rivalutato nel frattempo da certa critica , fa comunque l'effetto di un film che avrebbe potuto essere migliore se solo l'autore fosse stato più attento nella realizzazione della pellicola (questa sì un esempio di reperto ammuffito) . Certo non merita certe stroncature come quella da parte di un certo Harry Medved che lo include nella classifica dei 50 peggiori film di tutti i tempi. Genera però rammarico per come si possa sprecare un'occasione d'oro.

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