Strana alchimia quella che lega i dEUS a Palermo. Prima tappa in ordine di tempo della nuova tournèe italiana 2005 del gruppo belga, è un punto di contatto tra due mondi, quello siciliano e quello fiammingo, che non hanno da spartire nemmeno uno scampolo di storia, che non si conoscono, che con benestare degli uni e degli altri, si ignorano. Ebbene, in una gradevole tarda serata di un atteso settembre può per puro caso avverarsi un incontro inaspettato, un suggestivo cenacolo ove una Palermo assetata e compita da una parte, stravaganti musicisti belgi dall'aria affabile dall'altra, prendono confidenza tra loro in un'atmosfera pregna e avvolgente: entrambi guardinghi, attendono di essere ripagati da qualcosa che ancora non è ben preciso, ma che non tarderà ad arrivare; un inchino cavalleresco, un saluto eccentrico, le luci accese.
L'inizio è rassicurante: la melodia vagamente country di un pezzo gradevole quanto riconoscibile come "Instant Street" culla già la folla in uno scenario tranquillo e piacevole, un'esecuzione di Barman e Pawlowski alle chitarre che pare doversi concludere, dopo la normale ripetizione di strofe e inciso nel più tradizionale dei finali, senonché, ecco balzare già sulla scena la natura più sanguigna della band belga, con chitarre e basso che sfociano in una travolgente climax che toglie il fiato per i tre minuti finali del pezzo: l'incuriosita Palermo radunata nella splendida Piazza Magione inizia a capire chi sono i dEUS. E per non saper tradire le aspettative, ecco che Barman e compagni ci conducono per mano da uno scenario all'altro: è il momento del "Worst Case Scenario", brano dell'omonimo lavoro del '94, che nonostante un arrangiamento che per la verità pare risentire molto della mancanza del compianto Carlens, sa coinvolgere ancora per quell'inconfondibile alternanza di ritmi e pause che tanto ha caratterizzato la prima produzione dEUS; la sensazione è quella di aprire per la prima volta un regalo mai scartato, un dono che solo la casualità ha fatto rimanere all'oscuro di una terra che sa apprezzare la buona musica, un regalo che adesso è proprio la sorte a consegnare nelle mani di una folla già partecipe.
Le magnetiche note dei belgi si susseguono senza tregua attraverso i brani dell'ormai imminente "Pocket Revolution", in uscita il 12 settembre: "7 Days, 7 Weeks", title-track e "If You Don't Get What You Want" tra le successive esibizioni, ma la folgorazione avviene attraverso il più atipico dei pezzi di tradizione live del gruppo, quella torbida e melmosa "Theme From Turnpike" che solo i cultori dell'intricato "In a Bar, Under the Sea" del 1996 possono menar vanto di conoscere: a differenza della già performata "Fell Off The Floor, Man", gode dello stesso arrangiamento dell'originale, e da tale non può che lasciare attonita la folla sempre più numerosa. "He said: No more loud music" risuona come un bieco inciso per l'intera piazza, le mani rimangono incollate alle bottiglie di birra senza potersi muovere, qualsiasi goccia bevuta adesso rimarrebbe in gola senza sprofondare: l'impressione è quella di stordimento, ma ciò non impedisce, alla fine della migliore delle esecuzioni della serata, di scollare finalmente le mani da bevande e altro per inneggiare a questo splendido incantesimo.
Adesso Palermo e la band di Antwerpen sono finalmente compartecipi, non più formali conoscenti. Impossibile non citare le splendide melodie pop-rock di "Little Arithmetics" e "The Magic Hour", anticipatrici di un secondo e definitivo ritorno sul palco di Barman e compagni che ripropone un pezzo di antologia come "Suds & Soda", altra inaspettata sorpresa per il pubblico palermitano, pezzo storico dalle sonorità tanto controverse da far assolvere al violino del talentuoso Klaas Janzoons il ruolo di base ritmica; ancora "The Real Sugar" e "Serpentine", poi il punto esclamativo dell'ipnotica "Bad Timing" di "Pocket Revolution", ultima perla di un live che non può che concludersi con le parole grate di Barman: "This is the last song tonight, really... thank you".
Thank you, dEUS, questo concerto stavolta è anche un po' mio.
[Grazie anche a maxcar per la foto]
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