228 giorni all'esecuzione:

"Jack Folla, il D.J. nel braccio della morte. Dici che è assurdo? No, fratello, la cosa assurda non è che sono un italiano nel braccio della morte di un carcere di massima sicurezza degli Stati Uniti. La cosa assurda è che tu stai fuori. Che tutti lì fuori siete liberi e state di schifo. Dov’è la tua libertà, tesoro? Nei lager dei quartieri di merda in cui vi hanno ficcato come bestiame, che cosa vi aspettate di diventare, onorevoli? Vi tengono in vita solo perché dovete comprare. Consigli per gli acquisti? Fanculo. E il tuo primo stipendio - quando si decideranno a dartelo - sarà cornmisurato all’acquisto dei bisogni che ti hanno sparato nel cervello in televisione. Ti senti morire e che ti offrono? Un Magnum. E lo fanno leccare a una ragazza con una lingua da formichiere. Prova a offrirle un cremino e guarda dove ti manda. Così hai una paura fottuta, ma scherzi e fai finta di niente. Finta di niente. Finta di niente. Tuo padre è alcolizzato, finta di niente. Tua madre muore di cancro, finta di niente, finta di niente. Cazzo, forse ho l'Aids. Finta di niente. Fai l’amore con lei e fai finta di niente, perché non hai più niente dentro, niente, non ti hanno lasciato più niente, ti hanno fottuto, ti hanno sbattuto dentro e hanno gettato le chiavi. Chi di noi due è nel braccio della morte? lo o te? Benvenuto ad Alcatraz, tesoro."

Jack Folla è un ex-DJ, condannato a morte negli Stati Uniti, al quale viene concesso di trasmettere la "musica della sua vita" in un programma radiofonico.
E' sulla quarantina e vive in questa cella due metri per tre nel braccio della morte del carcere di massima sicurezza "Alcatraz", nell'omonima isola californiana. Ogni pomeriggio, tra una "Blowin' In The Wind" e una "Downtown Train" - spaziando da De André a "Take On Me" degli A-ha -, sfoga la sua indignazione per il mondo che lo circonda. E il mondo in questione non sono le quattro mura che lo precludono dalla società, ma la società stessa, la politica, il mal costume italiano e i veri psicolabili pezzi di merda a piede libero. Denuncia una realtà socio-politica, ch'egli ha conosciuto, sbattendocela in faccia per quella che è, come non faranno mai insulsi pseudo-notiziari che calpestano tappeti di corpi esanimi per mostrare quanto ce l'abbia lungo la loro redazione.
Jack ha un tono duro, incazzato, ma caldo, motivato ed emotivo allo stesso tempo. E' soltanto un uomo comprensibilmente indignato. Un uomo disincantato che ha girato il mondo ed assaporato lo schifo. Sa cosa realmente conti, nella vita, sa cosa meriti soltanto disprezzo. Cosa bisogna combattere infondendo coscienza alle coscienze.

Messa così, la gente si chiederebbe perché mai dare credito ai pensieri di un pericoloso galeotto, magari un serial-killer, e per giunta megalomane.

Jack è un italiano, nato da padre italiano e madre newyorkese. Cresce a Roma, quartiere Centocelle, e migra negli Stati Uniti in seguito al troncamento dei rapporti con il fratello (questi, da sempre agli antipodi del carattere ribelle di Jack, vendette, sua insaputa, l'intera collezione di dischi del fratello) e, soprattutto, al clima di tensione e al vento di drastici cambiamenti che incombevano in italia in quegli anni.

Una notte di aprile, nel 1994, un armato malvivente cerca di rapinare l'incasso del giorno al povero Jack, all'epoca titolare di un piccolo ristorante di Central Park. Inizia una colluttazione, parte un colpo. Il delinquente muore. Jack si presenta spontaneamente alla polizia, denuncia il fatto e viene processato per direttissima. La sentenza lo condanna a morte. Jack viene chiuso nel carcere di massima sicurezza in quello stesso aprile del '94. Viene fissata l'esecuzione in data 25 giugno 1999.

Così, nel 1998, parte la programmazione radiofonica. Jack racconta, dibatte del mondo ipocrita che ha conosciuto, delle struggenti realtà che ha avuto modo di scoprire, delle menzogne e del reale sciacalaggio, quello legalizzato, che con disinvoltura popola il nostro paese, l'intera comunità globale e che tenta costantemente di inculcare palle nelle teste sociali, per gestirle a loro piacimento, o meglio, a loro convenienza. Sciacalli ben più pericolosi di quelli che Jack incontra in quel penitenziario. Racconta degli impensabili giri di denari che si celano dietro altrettanto impensabili mascherate. Dell'indignazione. L'irriconoscenza. E, infine, denuncia l'infinita e immotivata insoddisfazione collettiva, quando basterebbe esser messi alle strette, come lui, per tirare fuori il meglio di sé stessi e migliorare migliorandosi. Darsi un calcio in culo e rigare dritto, senza rompere le palle con economici lamenti da viziati e manie da prima donna. Solo rimboccarsi le maniche e combattere.

1 giorno all’esecuzione:

"L’albatro 3957 di Alcatraz che spiega le ali della libertà per venirvi a cercare uno per uno, nei pensieri, nella memoria e nelle vostre notti. Proviamoci a incontrare, quest’ultima. Sedetevi a gambe incrociate, in silenzio, quando tutto dorme. Guardatevi allo specchio. Respirate regolarmente e senza emettere alcun suono. All'inizio sentirete un leggero fastidio, superate il malessere, andate avanti. I più forti tra voi individueranno il profilo di un volto simile al vostro. Non abbiate paura. Continuate a fissare lo specchio respirando regolarmente. Quando ti sentirai osservato dal te stesso che guardi, mi avrai trovato. Addio fratelli, addio specchi.
Hasta siempre."


L'ora dell'esecuzione era imminente. Nel frattempo le sue parole stavano diventando legge, il suo nome icona. Ormai lo erano. Tutti lo volevano. Tutti lo volevano libero. Ma il 13 maggio 1999, due giorni prima dell’esecuzione, Jack evade dal carcere. Sparisce.

Jack Folla è un personaggio di fantasia, ideato dallo scrittore, regista e autore televisivo Diego Cugia. Così, tra il 1998 e il 1999, ha inizio la programmazione a nome "Jack Folla: un DJ nel braccio della morte" (successivamente mutata in un paio di varianti).
La trasmissione radiofonica riscuote grande successo, tanto da portare "Alcatraz" ad approdare sul piccolo schermo nel 2001.

Così ritorna, ma questa volta non più sulle frequenze di Radio Due, bensì su quelle di Rai Due (!).

Anche in questo caso il programma ha sùbito successo. Lo stile è il medesimo, ma ora dalla sua ci sono anche immagini crude ad accompagnare pensieri e parole.
Jack non è mai inquadrato. Vede ciò che la sua camera inquadra ed è le parole di Cugia che la voce di Roberto Pedicini recita.
Dalla lunga fuga da Alcatraz era sbarcato a Cuba. Latitante a L'Avana, ospite presso una famiglia cubana. Lì ritrova la sua donna di sempre, una splendida Francesca Neri nei panni di Francesca.

Le arringhe sul piscio della nostra epoca, sulle squallide realtà che ci circondano e sul malcostume italiano, sempre accompagnate dagli intermezzi della musica della sua vita - ora con l'aggiunta di estratti live e clip in forma video -, riprendono. Ma per quanto tempo?

I contenuti sono duri, ma nulla di sconvolgente. Naturalmente, con l'avvento del governo di centro-destra del 2001, il programma viene prima spostato in terza serata, senza che la transizione venisse pubblicizzata, e poi, in seguito al logico calo (relativo) di ascolti, oscurato.

Tra i momenti più emblematici e significativi della trasmissione, voglio segnalarvi quello sulla solitudine, sui vecchi. Ad avviso di chi scrive, uno dei momenti più toccanti e culminanti dell'intera trasmissione. Ad accompagnarlo, una serie di fragili immagini, più eloquenti di mille parole, ma non più di quelle poche, sagge e colme di verità curate da Cugia:

"Beh, i grandi vecchi italiani hanno deciso di chiudere prima del previsto la loro bottega della saggezza.
Solo quest’anno 1.180 suicidi. 1.180 storie di vita vissuta buttate nella discarica. Persone passate indenni tra le due Guerre. Gente che ha visto l’assassinio di Kennedy, la strage di Ustica, la guerra del Viet-Nam e tutte le edizioni di Canzonissima. Fratelli, riflettete. Avete presente quanta disperazione c’è in un uomo che ha davanti a sé pochi anni di vita e decide di chiudere anticipatamente la sua storia? Immaginate una corda. Fare un cappio. Agganciarla da qualche parte e stringere un collo già pieno di rughe. Togliere l’ossigeno ad ua atesta che ha pensato, amato, deciso, aiutato, odiato. Malattie fisiche, psichiche? No. Non solo. Sono conseguenze. Conseguenze della solitudine. Del sentirsi inutili. E di un fottuto sistema barbarico che “pensa giovane”, “produce giovane”, “vende giovane” e considera una ruga una vergogna. Fratelli, io non sono l’Almanacco Barbanera, non posso dirvi che il passare degli anni è una sfida e dovete fare volontariato. Siete voi, cazzo, che avete bisogno dei vecchi (la parolaccia era “anziano” e mi sono guardato bene dal dirla).
Parlate ai vecchi. Parlategli dei vostri problemi. Della fidanzata che vi ha mollato. Del quattro e mezzo in matematica. Di vostro padre che si ubriaca. Di tua sorella che sniffa. Coraggio. Raccontategli come ogni giorno attraversate le fiamme e vi bruciate la pelle nel tentativo di vivere.
I vecchi, quelle fiamme, le hanno attraversate centinaia di volte. Loro sanno come si fa. Come si sopporta il dolore di vivere (non conosco altra definizione della felicità). Vedrete, vi racconteranno che una volta, nel 1938 a loro è successa la stessa cosa. E oggi ci ridono su. Vi aiuteranno.
E voi, senza saperlo, aiuterete loro."

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