Se in questo indimenticabile film rifulge la stella di Clint Eastwood in tutta la sua coolness lo dobbiamo a Frank Sinatra. Il cantante era stato prescelto come protagonista e se dobbiamo pensare a cosa ne avrebbe fatto del personaggio di Callaghan, basta vedere l'interpretazione che dà del detective Tony Rome nella mediocre, autoindulgente pellicola "Un detective". Per fortuna "Ole blue eyes" ebbe l'accortezza di infortunarsi alla mano e quindi di non poter tenere quel cannone di Smith e Wesson Magnum in mano. Altro candidato al ruolo di Callaghan era il Barone, John Wayne, che si rifarà con i due film del tenente Branigan.

Anche per il personaggio di Skorpio Andy Robinson fu una seconda scelta: il grande caratterista/pacifista (per imparare a sparare ci vollero mesi di addestramento, visto il cronico disprezzo per la violenza da parte di Robinson ), che in alcuni momenti del film ricorda il McDowell di "Arancia Meccanica",  sostituì all'ultimo un rinunciatario Audie Murphy.

A causa di queste emergenze noi possiamo godere di uno dei capisaldi del cinema poliziesco. Senza Callaghan non ci sarebbe stata la sequela di film con ispettori giustizieri, resi impotenti da una legge che imbriglia chi vuol fare giustizia e che per questo si mettono in proprio. Molti diranno che sarebbe stato meglio; e a pensare alla caterva di cazzate revansciste con commissari biondi con baffi marrone costretti a sparecchiare in giro e a trattenere il morso davanti al commissario idiota di turno ("Lasciatelo a me! Io saprei cosa fargli") anch'io ho un brivido.

Ma "Ispettore Callaghan (in originale "Callahan"), il caso Scorpio è tuo!" è un film straordinario. Un western tra i grattacieli. All'inizio della decadenza del genere principe del cinema U.S.A., gli americani sapevano già come riciclare la materia di cui son fatti i loro sogni in pellicola. Alla sua uscita, il film suscitò non poche polemiche: l'accusa era quella di essere un film fascista, reazionario, che indicava la soluzione dei problemi dell'America degli anni 70 con un buon colpo di pistola, alla vecchia.

Lo dico subito: questo non è certo un film di sinistra né un film progressista ma sono esagerate tutte le accuse che gli son state rivolte.

Primo: fondamentalmente è un film d'azione e di primissima qualità. La psicologia è lasciata da parte, eccetto che per alcuni segnali che dopo dirò. Molte sono le scene indimenticabili e riuscite, copiate per anni in polizieschi meno degni di questo capostipite o anche altrettanto degni. Sia in America che in Italia, paese il nostro che ha recepito la lezione siegeliana in tempo reale (Il Di Leo di "La mala ordina", per esempio). Pensiamo alla mitica scena della cattura di Skorpio nello stadio di football: Callaghan infierisce sul criminale ferito alla gamba e Siegel fa allontanare l'obiettivo della cinepresa con un volo all'indietro (la camera era posizionata in un elicottero). I personaggi diventano due puntini e la camera sembra pennelli con fretta l'inquadratura. Musica free a cascata, a sottolineare il delirio dell'ispettore e di tutta la spirale della violenza di questo terribile rapporto a due.

Paradossalmente, in un'altra scena Skorpio paga un picchiatore per farsi sbrindellare la faccia col pugno di ferro per accusare Callaghan di maltrattamenti. Lo spettatore viene portato ad indignarsi con l'assassino dello zodiaco ma si scoprirà che Callaghan è un vero sadico.

Altra scena imitata milioni di volte è il rapimento dello scuolabus: Skorpio nel delirio infierisce sui ragazzini, in particolare uno cicciotello che inizia a frignare (e sta sulle palle pure a noi spettatori). Quando crede di essere libero di fuggire dalle grinfie della polizia ecco che sul parabrezza si riflette l'ombra dell'immortale Callaghan e Skorpio capisce che non si libererà mai della sua nemesi. Come non gioire di questo riuscitissimo "arrivano i nostri"? vediamo stagliarsi la figura longilinea di Eastwood e sappiamo che siamo davvero in una storia di frontiera.

D'altra parte il duello finale con il pazzo assassino avviene in una fabbrica accanto ad un fiume, e il paesaggio e l'edificio di legno sono in tutto e per tutto simili agli ambienti del western.

Secondo: la figura di Callaghan non è così monolitica come potrebbe sembrare. Vedovo, solitario, probabilmente senza una vita sessuale (in questo molto somigliante al pistolero dei western di Leone), l'ispettore sembra vivere immerso in una costante acredine stemperata, però, dall'intelligenza e dal buon senso. Se sa cosa farne dei criminali certo non è uno che ricerchi la violenza a tutti i costi. Callaghan non è contento che nel mondo esista il crimine, non si diverte a dover sparare per fermare il delinquente irriducibile. ...

O no?

Ecco subentrare nel film una serie di piccoli segnali che incrinano la figura intera del cowboy individualista, costretto ad uccidere suo malgrado.

Nella scena citata sopra, quella dello stadio, Callaghan tortura Skorpio oltre il necessario. Ed è con piacere che gli fracassa la gamba ferita dalla pistolettata. Poi: Callaghan è un voyeur, uno che spia le donne mentre si spogliano. Ci sono due momenti nel film che Siegel mette in bella evidenza:

1) Callaghan e il suo collega messicano (un novizio, laureato in lettere, che Callaghan all'inizio non vuole al suo fianco) sono sui tetti a cercare di individuare la presenza di Skorpio. Ad un certo punto l'ispettore  individua una ragazza nuda che sta passando davanti alla finestra. Callaghan ha un sobbalzo e per un attimo si ferma a spiarla.

2) Durante un primo fallimentare inseguimento, Callaghan sale su un bidone della spazzatura e ciò che vede è una paffuta messicana con le tette di fuori. E' un attimo ma sgrana gli occhi (cosa rarissima per l'attore). Sono piccoli momenti ma rivelatori della complessità del personaggio: si contrappone ad esso la follia asessuata di Skorpio, un matto totale senza possibilità di essere recuperato, la cui crudeltà non ha una vera motivazione se non un generico odio per le diversità.

Grazie ad una regia asciutta ma personale, una sceneggiatura funzionale, tagliata con l'accetta quanto basta per rendere lo spettatore sempre sul chi vive (grazie anche ai non accreditati John Milius e Terrene Malick); in forza di una colonna musicale stupenda, per mano del grande Lalo Schifrin, musica impregnata di quel gusto funky che diventerà il marchio di fabbrica dei police movies dei 70 (in particolare il complesso tema dei titoli, con armonie aperte, minacciosi violoncelli, piano Rhodes e lanci di batteria e ritmo sul paradiddle alla Billy Cobham, o lo scandire del ritmo sincopato da parte della batteria solista durante il primo attentato di Skorpio alla ragazza in piscina), un pugno di fedeli caratteristi siegeliani dalle facce burocratiche e americane (John Vernon,  Harry Guardino), illuminato dalla limpida fotografia di Bruce Surtees, poi fedelissimo dell'Eastwood regista, "Dirty Harry" è il capostipite imbattuto del cinema poliziesco degli anni settanta, specchio di una società in crisi che non sapeva come reagire all'ingresso delle differenze sociali pervenute dalla seconda metà dei sessanta e integrate nella quotidianità.

Il primo di un filone dalla vita breve ma intensa dove su tutte rifulge la snella, felina silhouette del nostro amato Clint Eastwood.

Nato il 31 maggio 1930 a san Francisco.
TANTI AUGURI CLINT!!!!!

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