Nel 1934, John M. Stahl riadattò per il grande schermo un libro di Fannie Hurst intitolato "Imitation of life". Il risultato fu "Lo specchio della vita", un film che riscosse un buon successo di pubblico ma il regista statunitense dovette aspettare ben dieci anni prima della consacrazione con "Le chiavi del paradiso". La pellicola cadde nel dimenticatoio fin quando nel 1959 Douglas Sirk ne ripropose il remake modificando la trama e i risvolti e adombrando anche l'originale, complici le nomination agli Oscar di Juanita Moore e della Kohner.

Sullo sfondo dell'America razzista degli anni '30 si muove il personaggio di Lora, una aspirante attrice rimasta vedova e con figlia a carico e di una donna di colore, Annie, anche lei sola con una figlia dalla pelle bianca. Le vite delle quattro donne si intrecciano casualmente e Annie finisce con il divenire la domestica e migliore amica di Lora accompagnandola lungo la strada verso il successo. Raggiunta la fama, Lora dimentica l'importanza degli affetti familiari e trascura la figlia Susan e l'uomo che vorrebbe sposarla, Steve. Frattanto Sarah, figlia di Annie, è decisa a negare di avere una madre di colore sulla convinzione che questo possa bastarle per avere una vita sociale facile mentre Susan, durante l'ennesima assenza della madre per un viaggio di lavoro si innamora di Steve. La fuga di Sarah e la scoperta del suo impiego da promiscua ballerina di nightclub porteranno Annie al crepacuore. La sua morte spegnerà tutte le liti e i conflitti.

Con questo film, il regista tedesco Sirk, pseudonimo per Hans Detlef Sierck, concluse la sua carriera cinematografica (successivamente girò solo un cortometraggio, "Bourbon street blues" nel 1978). Probabilmente furono proprio lungometraggi come "Lo specchio della vita" a farlo ingiustamente cadere in rovina agli occhi della critica. Solo intorno agli anni '70 del XX secolo che la sua personalità fu rivalutata (Uno dei suoi film che maggiormente vengono presi in considerazione da numerosi registi è "Secondo amore"). Certamente "Lo specchio della vita" non è un'opera che ha lasciato il segno nel cinema mondiale ma declassarlo a priori potrebbe rivelarsi affrettato.

Sirk stravolge la trama originale allo scopo di creare un classico melodramma strappalacrime. A dimostrazione di ciò basti ricordare la tristissima scena di Sarah abbandonata in un lurido vicolo dal fidanzato furente per la scoperta della madre nera o alla lunga scena del funerale di Annie. Eppure ciò che la critica a lungo non è riuscita a riconoscere in questo film è proprio l'elemento di maggiore interesse: il peso dell'epoca storica che grava sui singoli personaggi e condiziona il loro agire. Anche i personaggi sono interpretati alla perfezione nelle rispettive smanie di realizzazione personale. L'aspirazione al successo, a compiacere il prossimo, ad essere considerati indipendentemente dalle proprie origini, la volontà di superare l'esempio materno. In un modo o nell'altro tutti i personaggi raggiungono l'obiettivo ma a caro prezzo e solo la scomparsa di un caro riesce a far riflettere e a ristabilire i giusti equilibri, fenomeno alquanto mero ma umano, dopotutto. Come già accennato inizialmente, la pellicola è cosparsa di glassa melensa ed edulcorata ma pur sempre controbilanciata dall'ottima interpretazione delle attrici.

Da rivalutare.

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