Immaginate la musica di Stravinsky, aggiungete una batteria che quasi non scandisce il ritmo ma lo colora, il folklore finlandese, arpe e chitarre distorte, vari musicisti free jazz (sulla carta), e il genio visionario di un baffone dall'aspetto pazzoide. Aggiungete un pizzico di Frank Zappa (giusto una punta) e ci siete. Questa meraviglia registrata nel '86, è uno dei capolavori dimenticati del vastissimo catalogo ECM.

Il leader del progetto, Edward Vesala, morto di attacco cardiaco nel '99, era uno dei batteristi, percussionisti e compositori più conosciuti e stimati in Finlandia, e fu a lungo un “motore invisibile” della free music nel suo paese. Molte le sue collaborazioni con altri nomi importanti della scuderia ECM, tra cui spiccano quelle col sassofonista Jan Garbarek, il chitarrista Terje Rypdal e il trombettista Tomasz Stanko.

All'epoca di queste registrazioni, Vesala era a capo di un gruppo di dieci musicisti finlandesi, composto dai suoi migliori allievi, denominato “Sound And Fury”. L'organico prevedeva: tromba, due sax contralti, due sax tenori, trombone, pianoforte, chitarra, fisarmonica, basso e batteria. La maggior parte dei musicisti, poi, si trovò a suonare strumenti diversi, per cui sono presenti anche sax soprano e baritono, flauto, clarinetti, basso tuba, arpa e percussioni.

La musica eseguita in questo disco è totalmente composta ed arrangiata dal leader, e fin dalle prime note lascia un solco profondissimo... ci si poteva attendere qualcosa di rumoroso e aggressivo visti i musicisti, ma invece ci si trova di fronte a quarantaquattro minuti di musica sublime e geniale, concepita come una suite in nove movimenti, in cui viene affrontato tutto e il contrario di tutto, con una varietà di atmosfere, timbri e colori orchestrali che ha davvero dell'incredibile. E le melodie partorite dalla sua mente, spesso scure e sinistre, sembrano in realtà uscire fuori da qualche luogo profondo dell'anima, un luogo in cui risuonavano in eterno prima di essere “tirate fuori”.

La prima impressione all'ascolto del primo brano, “The Wind”, è quella di un forte rigore intellettuale, una severità di fondo, una durezza che richiami all'ordine e alla disciplina gli strumentisti stessi; una tensione quasi palpabile, in grado persino di spaventare nei momenti più tetri, ma alleviata dall'arrivo di sprazzi di luce (i “Lumi”?), una luce nordica, immacolata e gelida, di una purezza virginea che sa di prima volta, di visioni eteree, crepuscolari, fiabesche.

Questa luce spettrale è ben raffigurata dalla copertina, nella quale sotto un cielo scuro e notturno una figura simile al Golem kafkiano è illuminata ai lati di una strada vuota e desolata, circondata dall'oscurità. In lontananza un albero, unica forma di vita visibile.

Segue l'indimenticabile “Frozen Melody”; mai titolo fu più appropriato... una melodia perfetta e intrisa di lirismo viene come sospesa in uno sfasamento ritmico e ne viene ad essere “cristallizzata” nella sua stessa perfezione, reiterata in un gioco virtualmente infinito. Un superbo esercizio di staticità armonica, che opera sulla ripetizione discendente di quattro note.

Non mancano nell'album momenti più concitati: esplode come una bomba il ritmo incalzante e ossessivo di “Calypso Bulbosa” e “Camel Walk”, mentre “Fingo” (gioco di parole tra tango e Finlandia) scopre il lato umoristico e gradevolmente caricaturale di questo autore poliedrico, col suo sound da tango surreale.

La title-track contiene momenti di struggente pathos, con un assolo di sax così sofferto e intenso da far aggrottare la fronte e chiudere gli occhi. Il timbro, straordinario, ricorda le cose migliori di Jan Garbarek, o gli assoli di Charlie Mariano in “The Black Saint And The Sinner Lady”, capolavoro di Mingus.

Per quanto riguarda la performance strumentale di Vesala stesso, la parola chiave è: controllo. Lungi dalle sue esplosioni giovanili d'energia (di cui sarebbe stato ancora perfettamente capace), con i Saund And Fury Edward suona abbastanza da dare il loro giusto impeto ai pezzi, e per supportare i solisti, e nonostante la gran tecnica sia comunque percepibile, questo comunque non è un album “da batteristi”, non nel senso banalmente inteso. Cionondimeno, resta un grande “Concerto per Batteria”, impregnato di religiosità pagana.

Composizioni originali e arrangiamenti di altissima qualità, suonato benissimo, registrato benissimo. Mettetelo in cima alla lista della spesa!

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