Giusto ricordare un regista italiano come Elio Petri, recensendo qui su Debaser alcuni suoi film molto noti come "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" o "La classe operaia va in paradiso". Ma è bene anche ricordarlo per una sua pellicola meno nota (una cosiddetta opera minore) che rivista oggi fa riflettere sul carattere anticipatorio di tanto cinema (e letteratura di riferimento) ascrivibile al genere della fantascienza .

È il caso del film "La decima vittima", realizzato nel 1965 ed ispirato ad un racconto di Robert Sheckley dal titolo "The seventh victim", ben sceneggiato da Ennio Flaiano e Tonino Guerra. Un film molto particolare, sia perché il genere fantascientifico è sempre stato poco frequentato dal cinema italiano, sia perché poneva l'accento su alcuni aspetti paradossali e violenti (per l'epoca) della moderna società in piena deriva consumistica e della relativa invadenza dei mass media. E questo in evidente anticipo sui tempi, come sarà evidente alla luce della trama del film.

In breve i fatti . In un ipotetico futuro definito il Duemila (come era usuale chiamarlo negli anni 60 del secolo scorso ) l'evoluzione del genere umano è arrivata ad un tale livello da rendere completamente obsoleto il ricorso al conflitto bellico. In compenso, per trovare un'opportuna valvola di sfogo alle pulsioni distruttive ed omicide degli esseri umani, è stato istituito il cosiddetto Ministero della Caccia. Quest'ultimo ha varato una gigantesca competizione su scala globale in cui due persone, abbinate da un super computer, si fronteggiano nei ruoli di cacciatore e vittima . La persona che riuscirà a superare 10 competizioni uccidendo l'avversario si aggiudicherà non solo il titolo di Decathon ma anche un ricco compenso in denaro pari ad un milione di dollari .

In simile contesto cupo e distopico troviamo la cacciatrice americana Caroline Meredith (interpretata da Ursula Andress, più affascinante che brava a mio avviso) che è giunta a quota 9 successi. Per fare l'agognato en plein deve eliminare un concorrente tosto come l'italiano Marcello Poletti, fermo a quota 6 scores favorevoli e tendenzialmente pigro. Da notare bene che quest'ultimo è reso alla perfezione da un Marcello Mastroianni non solo nel suo inconfondibile stato di grazia recitativa, ma pure appariscente dati i capelli biondo ossigenati che gli accentuano quella sua aria indolente e cinica già apprezzata nel ruolo di Marcello nella "Dolce vita " di Fellini. Insomma un tipo che innegabilmente si potrebbe qualificare come perfetto stronzo, già alle prese con le menate prevedibili connesse ad una moglie ed ad un'amante fin troppo assillanti.

Il compito di farlo fuori è per Meredith, seguita da una efficiente troupe televisiva commissionata da un noto sponsor di marche da the, più difficile del previsto anche se lei lo approccia spacciandosi per giornalista impegnata nella realizzazione di un reportage sul maschio latino. Marcello mangia, come usualmente si direbbe, la foglia ma è altrettanto scontato che, di fronte ad una bellezza mozzafiato come Ursula Andress, le ragioni del cuore e della libido erotica abbiano la meglio (dati i tempi che macho sarebbe stato sennò uno come Marcello Mastroianni?) .

A questo punto la trama si ingarbuglia un po' e , come si venne poi a sapere, Petri litigo' non poco con i produttori che imposero all'allora giovane regista un happy ending all'opera che, in tal modo, non risulta completamente riuscita. Resta il fatto, però, che il film rende molto bene una società talmente ferina da svalutare certi valori di riferimento. Basti pensare che la vita stessa è tanto svilita da essere messa in palio al fine di conseguire ricchi premi in denaro al termine di un torneo di caccia. E questo opportunamente inquadrato in un reality show che registrerà un elevato indice di gradimento . Per non parlare di autenticità nei rapporti interpersonali e affettivi in simile contesto sociale, tanto che non c'è spazio per i veri sentimenti se il denaro ed il successo conseguente sono preminenti e l'essere anziani costituisce solo un grave handicap.

Un film così poteva essere, agli occhi dello spettatore medio italiano dell'epoca, un po' spiazzante e purtroppo arruffato a causa delle intromissioni dei produttori, animati da vili ragioni mercantilistiche, a cui facevo prima cenno. Ma oggi, con il classico senno di poi, rivedere "La decima vittima" di Petri fa un certo effetto . L'invadenza dei media e di tanti reality show e' fenomeno diffuso e radicato, tanto che il format televisivo del "Grande fratello " appare ormai a dir poco antiquato . Ormai a spopolare è "Squid game" , una serie tv proveniente dalla Corea del Sud imperniata sulla partecipazione di 456 poveri cristi indebitati che gareggiano per aggiudicarsi un ricco monte premi . Uno solo è il vincitore e gli altri 455 vengono eliminati senza tanti complimenti, mentre i ricchi spettatori dello show scommettono come alle corse dei cavalli . A questi livelli è difficile discriminare fra realtà e finzione. Ma è certo che certe opere cinematografiche come "La decima vittima" ci raccontano molto dei pericoli involutivi che si annidano nella società contemporanea. Anche per questo non releghiamo in soffitta un film cosiddetto minore di Elio Petri .

Carico i commenti... con calma