Nel 1980, dopo qualche fumetto sotto le sceneggiature di Pierre Christin (oltre ai giustamente noti Le falangi dell' ordine nero e Battuta di caccia, molto interessante è la prima trilogia Leggende d'oggi), qualcosa da solo ed il memorabile Sterminatore 17 con Jean-Pierre Dionnet, il jugoslavo naturalizzato francese Enki Bilal iniziò la pubblicazione della cosidetta Trilogia Nikopol, con l'albo La fiera degli immortali, prima ad episodi sul giornale Pilote, in seguito stampato su volumi da Les Humanoides Associés. Passaggio probabilmente naturale, data la forte affinità di Bilal con i grandi rivoluzionari del fumumeto che si sbizzarrivano in riviste come Métal Hurlant.

Ed è proprio con Nikopol che Bilal inizia ad allontanarsi da un primo stile di disegno dal sapore "moebiusiano" (cosa piuttosto comune all'epoca, altri grandi talenti vennero contagiti dal grande maestro, ad esempio Andrea Pazienza), per maturare e raggiungere una rappresentazione grafica decisamente particolare, che unisce tratti realistici dei personaggi ad altri più espressivi e pittorici. a prova di ciò sarà la Tetralogia del Mostro, uscita dal 1998 al 2007: qui le tavole sembrano quadri impressionisti di scenari fantascientifici, come se Monet dipingesse le ambientazioni di Blade Runner. Si accentuerà il virtuosismo grafico anche nelle opere a seguire, come Animal'z (2009), sebbene a livello di sceneggiatura è probabile che con l'opera che andiamo a recensire abbia raggiunto i livelli più alti.

La Trilogia Nikopol è formata da La fiera degli immortali, La donna trappola e Freddo equatore. In questi tre titoli, che diventeranno imprescindibili per chi vuole affrontarsi con l'arte del fumetto, avviene il passaggio di stile, da quello più legato all'astrazione dei comics, a quello più personale e pittorico. Probabilmente è per questa sintesi inconsapevole che la trilogia è particolarmente ben riuscita. Prendendo le tavole de La fiera degli immortali e comparandole con le altre, si nota il cambiamento in atto: ogni minimo particolare prima è ben incasellato dalle matite, le linee dei paesaggi che descrivono la Parigi del futuro sono ben delineate. Dal secondo in poi le ambientazioni iniziano ad essere già sfumate e soggettive, delle vere esplicitazioni della psicologia dei protagonisti, tecnica che diventa fondamentale per descrivere le contorte personalità dei protagonisti.

La trama del primo volume si sviluppa in una Parigi del futuro, capitale di uno stato fascista in cui una classe dominante ricchissima domina una città sudicia, devastata dall'inquinamento, popolata da mendicanti e malati, in cui la femminilità è quasi totalmente assente, ma la superstizione religiosa no. Di per sè l'ambientazione non è così originale, rientra nei canoni della distopia fantascientifica, ma l'autore riesce a renderla particolarmente credibile e godibile, descrivendo approfonditamente i personaggi (memorabili sono il Governate Cavolobianco ed il fratello Papa Teodulo) ed i meccanismi sociali. Impietoso, e quindi giusto, è il giudizio che fa del giornalismo, di regime o meno. Oltretutto immagino che si sia divertito molto ad immaginare cosa potrebbe succedere se degli alieni sotto l'aspetto di divinità egizie si presentassero a chiedere al governo un esorbitante quantità di carburante per la loro navicella spaziale.

La trilogia prende nome dal protagonista, Alcide Nikopol, un disertore ibernato nello spazio che accidentalmente si ritrova di nuovo a Parigi dopo trent'anni. Non vi racconterò altro della trama, se non che ci saranno eventi e risvolti esileranti ed inaspettati, sopratutto da quando Niko incontra la dività Horus che si vuole vendicare dei propri fratelli. Capirete inoltre quanto una partita di hockey futuristico possa influenzare la vita di un governo. A mio parere il primo titolo è il migliore dei tre, ma è opinabile. L'ultimo capitolo presenta molti momenti surreali ed altamente evocativi. Particolarmente stimolanti sono le visioni delle società future: prendiamo ad esempio la mega città-stato di Equator City, governata prima da un consorzio medico-tecnologico franco tedesco, decadendo in un "quintum virato" scientifico-mafioso.

Per concludere, un grandissimo capolavoro, ormai un classico del fumetto e della fantascienza. L'unico difetto, per quel che mi riguarda, risulta qualche volta nella scelta del lettering. Di facile reperibilità (ogni fumetteria degna di questo nome dovrebbe esserne fornito) e di semplice fruibilità. Direi perfino di formazione, consigliato anche ai giovani lettori (dai tredici in su, direi). Enki Bilal ne ha fatto anche un film, Immortal ad vitam, nel 2004, trascurabile. Per chi ha visto solo il film consiglio di scordarsene e di leggere l'originale. Senza dubbio il voto è massimo. 

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