Ebbene si, questo è un affare di cuore; commenti o non commenti, target o non target, pazienza, vada come deve andare, scrivo questa recensione in primis per me stesso, perchè questo disco la merita, perchè mi ispira un bel po' di belle sensazioni, e di conseguenza un bel po' di bei pensieri, sempre molto piacevoli da mettere per iscritto. Ancora Etienne Daho dunque, questa è la terza volta che parlo di lui, tre recensioni per tre album completamente diversi; "Le chansons de l'innocence retrouvée", fuoco, "La notte, la notte", aria, "Eden", acqua; un disco di terra credo proprio che non l'abbia mai fatto, non è nel suo stile e nel suo carattere. Etienne ha veramente un gusto sopraffino anche per le copertine; ci ha sempre messo la sua faccia, e dopotutto con una faccia del genere sfido chiunque a fare diversamente, però, nonostante questa "limitazione stilistica", chiamiamola così, osservando una sua copertina ci si può già fare un'idea di come sarà il disco, idee e aspettative che vengono puntualmente confermate dall'ascolto. Prendiamo questa nello specifico: capelli sale e pepe, sguardo rilassato, quindi maturità e sicurezza; sullo sfondo un paesaggio marino, sfocato, irreale, sembra quasi un dipinto in stile minimalista, con quattro fasce di colore nettamente separate. Per i suoni e le atmosfere che offre questo disco, ci sta veramente da dio.

"Eden" è il suo sesto album di inediti, anno 1996, e si sente. In quel periodo debuttavano gli Hooverphonic, gli Olive e i Mono con "Formica Blues", questi ultimi un interessante ma effimero fuoco di paglia. Artisti che hanno portato il trip-hop, il sound elettronico del momento, in una dimensione più elegante, mischiandolo ad atmosfere soffuse, orchestrazioni, vestendolo con abiti d'alta moda. Vale la pena ricordare anche "Reserection" l'EP in collaborazione con i Saint Etienne dell'anno prima; un po' deludente, un'occasione che poteva essere sfruttata meglio da ambo le parti, ma che ha indubbiamente contributo a creare il giusto retroterra per un album del genere. Ma torniamo al confronto con gli Hooverphonic, il più interessante nell'economia della recensione: quelli del '96 erano ancora acerbi e assolutamente trascurabili, Etienne Daho stava esattamente un passo avanti a loro, con "Eden" proponeva già quel sound visionario e immaginifico che il combo belga avrebbe poi sviluppato con "Blue Wonder Power Milk" e poi "The Magnificent Tree".

Ascoltare "Eden" è come una pigra nuotata in un mare calmo e tiepido, poi una passeggiata sul bagnasciuga, con lievi onde che accarezzano i piedi e una brezza leggera che asciuga la pelle; un balsamo per i sensi, un piacere da centellinare con saggezza. Canzoni come "Les passagers", "Un serpent sans importance" e "Me manquer" avvolgono l'ascoltatore in setosi chiaroscuri d'atmosfera, curando ogni minimo particolare, seducendolo con una brillantezza raffinata veramente non comune. Ah Etienne, tu mi vizi, forse anche troppo penserà qualcuno, ma a me piace così, mi piace essere coccolato, e quando sento la dolcezza di "Les pluies chaudes de l'été", vellutatissima elettro-louge, o "Soudain" con quelle orchestrazioni e quell'atmosfera da tramonto sul mare, o ancora lo scorrere laguido e sensuale di "Quand tu m'appelles Eden", io mi sento veramente in un ideale paradiso terrestre. Percepisco un artista alla continua ricerca del Bello, proprio come me, e scatta una connessione, un'empatia chimica. La sua musica è fatta apposta per me, è esattamente quello che io cerco. Impagabile.

E poi ci sono le sorprese, l'idillio di "Eden" si manifesta in molteplici forme: "Au commencement" è un pezzo in perfetto stile Hooverphonic di "Blue Wonder Power Milk", però con due anni d'anticipo, archi magniloquenti, un ritmo avvolgente, liquido, atmosfere che stimolano sensazioni di avventura e di fascino, "C'est la màgie absoulte", così canta Etienne, riassumendo il tutto in un singolo verso. "Les bords de Seine" è impreziosita da un'ospite d'eccezione come Astrud Gilberto, ma il pezzo suona tutt'altro che brasiliano, mi ricorda addirittura alcune cose di Marc Almond periodo "Mother Fist...", con quel sax, quell'andamento ondeggiante, ovattato, un po' ombroso, di un fascino decadente e assoluto; rimanendo sempre in tema, c'è anche "L'enfer enfin", alchimia elettro-orchestrale ipnotica, intensa e notturna, una finestra aperta sul futuro, sulle sonorità di "Le chansons de l'innocence retrouvée".

E infine, in un album intitolato "Eden", poteva mancare un pezzo come "Rendez-vous au jardin des plaisirs"? Certo che no, un electro-pop conturbante, stiloso, ballabile, con un ritmo che pulsa veloce e lascivo. Giusto così, l'Eden deve essere Eden fino in fondo, pace, scorci di assoluta bellezza ma anche serpenti tentatori, visioni lussuriose, vicoli scuri. Che meraviglia Etienne, sul serio; un album del genere e poi una conferma su questi stessi, altissimi livelli con il successivo "Corps et armes", prove da autentico fuoriclasse. Per chi insegue il fascino e l'eleganza, per chi è esteta e sognatore, per chi nella musica cerca il piacere degli stati d'animo, un'avventura in scenari lussureggianti e anche un pizzico di sano edonismo, Etienne Daho è una garanzia per la vita. Lo è per me, e non finirò mai di ringraziarlo.


Elenco tracce e video

01   A New World (04:03)

02   Les passagers (04:56)

03   Un serpent sans importance (03:48)

04   Les pluies chaudes de l'été (04:39)

05   Les bords de Seine (03:31)

06   Me manquer (04:06)

07   Soudain (03:22)

08   L'enfer enfin (03:26)

09   Timide intimité (01:59)

10   Rendez-vous au jardin des plaisirs (04:43)

11   Quand tu m'appelles Eden (03:40)

12   Des adieux très heureux (03:08)

13   Au commencement (04:00)

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