"These throws of rapture, kindly hands caress broken bones, hands that cut through parched soul like a sharpened stone. What is it that we leave in these fitting moments? Sentiment? These curtains fall and wrap us up in our rigor mortis, the nimble fingers of the black one, his majesty of cold, courting me into sweet abeyance. The malign steely touch of needle thorns massing and directing their gaze on my misfiring neurons. The vestiges of my sickening life, of my loves, my crowning glories, the pain and poetry of a spent existence. He coils up inside me now, kissing me and whispering sweet nothings. The words of release, the words I crave as I lose all, as the clotted mass of cumuli nimbus bows his head in salute. As i claw upwards, as i fall back into oblivion and his words speak out amongst the frightening turbulence, those final fleeting words i coax from his abhorrent throat. "Will you join my owsla?"
Ci siamo. Il cerchio è finalmente chiuso. Non è una fine, ma il segnale che siamo pronti a ricominciare. Inlé è la personificazione della morte. Il tramonto. Il coniglio nero di Inlé non esiste senza Frith.
La trilogia non è lineare ma ciclica, anzi si può proprio dire che parta dalla fine. Dalla morte, anzi dalla conversazione con la morte. Il capo dell' Owsla (o Ausla in italiano) ribelle e Inlé, il coniglio nero a cui nessuno si riuscirà mai a opporre. Si tratta di "Fu Inlé", espressione che significa tramonto nel capolavoro di Richard Adams, qui significa eredità, l'eredità pesante come un macigno di colui che per primo ha sognato la fine di ogni forma di schiavitù.
Sono arpeggi funerei, atmosfere solenni, cadenze titaniche dove la componente Crust si è ormai dissolta, lasciando spazio ad un flusso sonoro di una sincerità e di un'intensità indescrivibile, le descrizioni non valgono più, parla la dimensione narrativa, è lei a dare vita a una colata di note nerissime ma rituali:
"Synapses fray,
my form now vivid,
as torpor sets and blood grows tepid.
With every ounce of flesh now offered,
I hold your corpse within my coffers.
Knitted cells now split asunder,
stand alongside me brother.
Take your place amongst my Owsla,
we march at dawn now and forever.
Cross your palms and acquiesce,
take a bow as they ascend.
Scent these grounds with your presence,
ring the change of days now done."
Frith è il potere, il demone del totalitarismo, lo spettro che deve sgretolarsi davanti ai nostri occhi. "Republic Of Heaven", è il vento del cambiamento che travolge. la mente che spezza le catene in cui era legata, che torna ad essere. La morte del despota non provoca rimorsi, il tramonto del patriarcato ci da una forza che non immaginavamo neanche di avere, rialziamo il volto sporco di fango e guardiamo avanti. Il re è morto.
"The king is dead!
The king is dead!
We bound his face!
Cut off his head!
We spit at thee,
We curse at thee,
The king is dead!
Brothers and sisters,
The king is dead!
Cut him down,
Flay his skin,
Our god is dead![...]
Our nascent republic,
Born of (his) demise.The nativity!
Our elegy!
To this reform! "
Arriva il tempo della sepoltura. Il mondo sta per cambiare. Solo l'oppressione ci è stata data dal dominio teocratico, solo la morte vediamo rispecchiarsi nei terrificanti Efrafa. Ma ora dobbiamo distruggere i simboli dell' oppressione, sostituirli. Frith è morto. Vulneraria è morto. Noi siamo vivi.
Il cielo sospeso sovrasta un' Ausla ormai priva di padrone, il disorientamento è grande, ma la libertà riconquistata crea un conforto più grande del timore del nuovo mondo, alcuni, i più deboli, invocano ancora i vecchi sovrani. Gli Efrafa si avvicinano. La vera ribellione è appena cominciata.
"The Warren of Snares", il labirinto dei tranelli, non è solo il nome dell'ultimo brano scritto dai Fall of Efrafa, non è solo il nome dato alla loro intera trilogia, è la metafora dell'equilibrio precario della vita: continuando a perseverare nel nostro arrogante regnare, non facciamo altro che creare trappole per noi stessi, siano queste il cambiamento climatico, la sovrappopolazione o la cieca fede in insegnamenti religiosi medievali. Piazziamo ovunque questi tranelli, per poi calpestarli in un tempo futuro, per morire per nostra stessa mano. Di fronte agli Efrafa, i conigli vedono annientate le proprie speranze e nella loro ultima ora non possono fare altra scelta che che imbracciare le armi e combattere il potere. La tirannia perirà e l'uguaglianza non sarà più un privilegio.
Il cerchio infine si chiude, con un finale in crescendo, dalle dimensioni gigantesche. Un vento talmente forte da far franare definitivamente il firmamento. L'ultimo grido di un mondo disperato, che sancisce la sua rinascita.
"The weakening words spread out in ares,
the urge to flee,
cowardice engulfs.
Our hands are raised in unison.
Brandished tools,
branded skin.
Cut away,
like so much meat,
we forged new scars against ill repute,
we hold on tight to one another.
I AM LEGION FOR WE ARE MANY!"
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