Premessa fondamentale in due punti:
1) Fino ad un mese fa non sono stato un assiduo lettore di libri, quindi non prendete le mie affermazioni come frutto di una attenta conoscenza letteraria (che non ho)
2) La recensione non sarà priva di spoiler, quindi sconsiglio a chi deve ancora leggerlo di leggere questa mia "recensione"
Parlare di "Delitto e Castigo" senza cadere in banalità è difficile, specie se devi motivare il motivo per cui, fin'ora è il libro più bello della tua vita. Il mio rapporto con i libri è stato parecchio catastrofico, in quanto ero sempre obbligato a leggere almeno tre libri d'estate alle medie. Mia madre sceglieva i libri per me, e nel 99 % dei casi erano libri di merda. Per darvi un'idea della qualità dei libri da me letti in quel periodo, il migliore che avevo letto fu "Non buttiamoci giù" di Nick Hornby, libro abbastanza pretenzioso per una tematica così complessa come il suicidio.
Qualcosa cambiò, quando la scuola mi obbligò a leggere d'estate, nel 2015, tre classici della letteratura italiana: "La Coscienza di Zeno" (che ho amato alla follia per motivi che ben tutti sapete), "Il fu Mattia Pascal" (altra meraviglia della letteratura del '900), e "I Malavoglia" (che mi ha annoiato terribilmente, al punto da farmi odiare il Verismo, nonostante ne riconoscessi i meriti letterari). Però. non fui incentivato a continuare eventuali ricerche mie personali alla ricerca di nuovi orizzonti. Vedevo sempre il libro di letteratura come un'imposizione scolastica, e non come un passatempo capace di farmi riflettere sull'esistenza.
A fine gennaio di questo anno mi dissi: "Non ho un cazzo di meglio da fare, leggiamo qualche romanzo". Mi capitò sott'occhio il buon Fedor Dostoevskij. L'avevo visto a scuola, ma faceva parte di una parte del programma che non sarebbe stato importante per l'esame, quindi lo ignorai quasi completamente, ignaro che un anno dopo mi sarebbe capitato proprio lui sotto mano. Presi un'edizione della Oscar Mondadori, che esteticamente adoro (poi io non so se le traduzioni siano valide o meno).
Lessi la prefazione mi annoiai terribilmente, pensando fosse sul serio il libro. Poi vidi i numeri in latino. Già, sono un coglione di dimensioni colossali.
Parto con il libro, lo stile di Dostoevskij mi appare fluido, nè troppo semplice nè eccessivamente intricato. Delinea perfettamente il carattere del protagonista Raskolnikov e booom. Niente, mi prende. Con sole 30 pagine. Un passatempo era diventato per me qualcosa di vitale, che mi poteva dare insegnamenti sulla morale, sulla vita e sulla fede.
"Delitto e Castigo" sembra solo il classico percorso di redenzione religiosa, ma così non è. "Delitto e Castigo" dimostra che lìuomo, spesso e volentieri, si convince di poter imporre una morale, accende la sua "lanterna morale", ma questa luce non è eterna, è destinata a spegnersi. L'uomo, quindi, si ritrova perduto nei meandri più cupi e loschi del buio ideologico.
Raskolnikov è convinto di ciò: crede che ammazzando l'usuraia e rubando le sue ricchezze lui possa diventare un Napoleone, una figura carismatica. Purtroppo, però, Raskolnikov farà la stessa fine di Napoleone durante la sua disfatta in Russia. Vincerà la battaglia, ma ciò che ottiene non riesce ad appagarlo. Ammazza la vecchia e, come lui stesso afferma con Son'ja, non ha ucciso la vecchia, ma se stesso. E ad ammazzare la vecchia è stato un demone, che si è impossessato della sua anima. Il demone non deve essere percepito come figura maligna, almeno secondo la mia prospettiva. Va inteso, probabilmente, come impersonificazione della sua convizione morale, che lo porta alla depressione, rimpianti, rimorsi.
Capisce che, pur di imporre la sua morale, ha privato due vittime sacrificali (l'usuraia e la sua sorella) della propria vita, pur di beneficiare di qualcosa che lo appagasse. Il contesto famigliare non riesce ad aiutare. Lo percepisce come un peso del quale non riesce a liberarsi e non si sente degno dell'affetto che la sorella Dunja e la madre provano per lui. Non riese a tollerare il fatto che la sorella si sacrifichi per lui, sposando Luvin, un avvocato irrispettoso nei suoi confronti e desideroso di potenza.
ll super-uomo di "Delitto e Castigo" è destinato a fallire. Si convince di poter imporre i propri principi, che lui stesso rende validi. Accende il faro in mezzo al buio esistenziale. Ma questa luce prima o poi si spegnerà e l'uomo si ritroverà al buio. E' il destino di tutti questi uomini. A questo punto l'uomo si ritroverà a prendere diverse decisioni:
- arrancare nel buio nel delirio, per poi farsi schiacciare dal destino all'uomo avverso, come nel caso di Katerina Marmeladov (moglie del barbone ubriacone Marmeladov), che muore delirante a causa della tubercolosi e della sua condizione disagiata e misera;
- fuggire dal buio con il suicidio, come fa Svidrigàjlova, in seguito al rifiuto di Dunja alla sua dichiarazione amorosa;
- arrancare, cercando nuovamente di imporre la propria morale, fallendo miseramente, come succede a Luvin che, dopo essere stato rifiutato da Raskolinkov, tenta di vendicarsi per vincere una volta per tutte, cercando di mandare nei guai Sonja, venendo neutralizzato e sconfitto nuovamente;
- accettare la propria sofferenza come un qualcosa di propedeutico, che rende l'uomo consapevole dei propri errori e che lo rende capace di tentare una nuova via per il conseguimento della felicità.
Ma qual'è la nuova via per la felicità? La solidarietà tra gli uomini, la capacità di Raskolnikov e di Sonja, accomunati dallo stesso crimine, ovvero l'omicidio, in quanto entrambi hanno ammazzato se stessi, seppur per scopi diversi. Raskolnikov, nella figlia di Marmeladov percepisce la sua stessa sofferenza, entra in empatia con lei. Sarà l'unica alla quale rivelerà l'omicidio dell'usuraia e di Lizaveta (tra l'altro molto amica di Sonja).
Sonja si rende subito conto della sofferenza dell'animo di Raskolnikov. In mezzo a pagine commoventissime e potentissime di significato, emerge la fede, non più intravvista come un dogma, ma come un'opportunità per cambiare, per raggiungere la solidarietà tra gli uomini, fondamentale per il conseguimento della vera felicità. Gli offre una croce, che diventerà simbolo del suo percorso di redenzione, e gliele donerà soltanto quando vorrà farlo. Sembra tentennare, è anche fortunato, in quanto non esistono prove tangibili per incastrarlo. L'unico ad aver capito sul serio che è il colpevole è Petrovic, un giudice tranquillo, pacato, geniale, freddo e razionale. Sembra essere il nemico principale di Raskolnikov. In realtà, lo sprona a confessare i propri omicidi e ad accettare la sofferenza come la base della sua rinascita.
Si fa coraggio e confessa i suoi crimini, giustificando il tutto. Finisce in Siberia, sembra ormai assogettato al suo destino. Ma qualcosa lo salva: il suo amore per Sonja, un amore sincero, che lo ha spinto a rinascere, a credere in un futuro migliore. Nelle ultime 13 pagine di "Delitto e Castigo" ho pianto rivoli di lacrime che tutt'ora durano dentro la mia anima. Un finale toccante, intenso, che manda un messaggio di speranza e di soledarietà rivolto a tutti gli uomini.
A rendere ulteriormente meraviglioso "Delitto e Castigo" è la pressochè totale assenza di protagonisti e antagonisti e di una trama principale. I tre intrecci narrativi (Raskolnikov, famiglia di Marmeladov e famiglia di Raskolnikov) si intersecano e si allontanano di continuo, con una maestria invidiabile. Mi pare scontato che Tolstoj ne parlasse male: forse ne era invidioso eheheheh. Per non parlare del contesto in cui si verifica, la città di Pietroburgo, desolata e quasi spogliata di principi, a causa del decadente governo degli ultimi zar. Sono troppe le scene che mi sono rimaste impresse ma quella che probabilmente io non dimenticherò mai è senza dubbio la confessione di Raskolnikov a Sonja.
"Delitto e Castigo", fin'ora, è il libro più bello che fin'ora abbia mai letto nella mia vita, almeno fin'ora. Potrà essere un'affermazione azzardata, questo è vero, ma per come l'ho percepito io durante la lettura, mi ha lasciato delle sensazioni indimenticabili che nemmeno la musica o il cinema mi hanno mai lasciato. E' semplicemente il libro che ha definitivamente distrutto il mio nichilismo quasi "passivo" e che mi lascia speranzoso per il futuro.
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