"Non voglio raccontare un'altra storia bugiarda". E' tutto finito? Sì. Non c'è nessuna parte per nessuno. Il film non si fa. Stiano pur tranquilli marinai ballerini, critici pedanti e untosi produttori, è tutto finito. Ricordate il colpo di pistola? Ipoteticamente Otto e ½ potrebbe finire qui. Nessuna festa, solo una spiaggia spoglia e deserta piena di detriti, come l'anima del regista. Si sa, nei romanzi, come anche spesso nei film, quando la storia è finita i personaggi se ne sono andati già da un pezzo. Fuggono via in un punto imprecisato della narrazione e ti lasciano lì a porti mille domande.

Malefico Federico Fellini quando nel 1963 ci mise davanti alla più grande di tutte: perché esistiamo? Evidentemente la domanda iniziale (perché fare il film?) è solo il pretesto per arrivare a parlare di cose più grandi, molto più grandi di quanto forse possano raccontare le possibilità del cinema. Guido Anselmi (alter-ego del vero autore), 43 anni, regista di successo, questo lo sa, ed è qui che iniziano i suoi guai. Cosa cerca Otto e ½ se non la risposta a tutto questo? Il punto però sta nel fatto che una risposta non c'è. I confini tra arte, sogno e realtà si perdono, la barriera tra attori e spettatori si dissolve, e Federico Fellini fa esattamente ciò che l'arte dovrebbe sempre fare: non dire, non nascondere, ma mostrare. Il regista è alla ricerca di sé stesso e per questo deve ripercorrere nella sua memoria tutte le fasi della sua esistenza, come in una seduta psicanalitica. Ma passato e presente si sovrappongono, verità e finzione si mescolano e non è facile non mentire a sé stessi quando si è campati per tutta la vita su una montagna di menzogne. E allora dove cercare la pace? Nelle donne? Ma Carla non è niente più che uno sfogo carnale, Luisa in quanto moglie implica il rispetto di certe regole...e poi c'è Claudia (Claudia Cardinale), una splendida entità ideale ("giovane e antica, bambina eppure già donna"), ma è sfuggevole come un soffio di vento e forse è solo un prodotto dell'immaginazione del regista. Eppure sembra proprio lei, nella sua eterea inconsistenza, a fornire a Guido la chiave semplice e chiara di tutto, in quella che è una delle più belle sequenze del film. Ma sarà proprio finita lì? Ovviamente no. Guido cerca risposte nel mondo del cinema, lo stesso che lo ha consacrato, ma, se da una parte c'è l'ignoranza dei giornalisti e degli addetti ai lavori che vogliono sapere  in continuazione cose che neppure Guido sa o che non vuole dire, dall'altra c'è la pedanteria degli intellettuali, totalmente assuefatti dal loro ruolo e cechi al di fuori dei loro schemi cognitivi. Anche se bisogna riconoscere che certe parole pronunciate dal francese Carini sarebbero sacrosante e degne di essere ricordate a lungo. E allora cosa rimane? La religione, la famiglia? No, sono più le ombre che proiettano sul passato che le luci che illuminano il presente. L'unica via di uscita è solo dentro sé stessi e arriva come un lampo, dissolvendosi all'istante, così come la consapevolezza di aver compreso appieno la portata di quest'opera. Sì, perché se mi chiedessero di che parla 8 e ½ sinceramente non saprei cosa rispondere. È un film sul cinema, è un film sull'amore, è un film sulla solitudine...forse è solo un film sull'Uomo. E qualunque sia il suo senso, potete starne certi, non lo troverete mai. Ma non è questo che vogliamo?

Sicuramente era quello che voleva Fellini: "Faccio un film alla stessa maniera in cui vivo un sogno. Che è affascinante finché rimane misterioso e allusivo ma che rischia di diventare insipido quando viene spiegato". Forse l'unico vero senso di 8 e ½ è quello di dare senso a tutte le cose. Forse l'unica vera cosa da fare è sedersi e ammirare.

Asa-NIsi-MAsa.

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