Questo film mi è stato caldamente consigliato da un caro amico, col quale la cinefilia è solo uno dei molti punti di contatto. Tenuto conto che:
a) per l'amico in questione si tratta di un film capolavoro,
b) ho un'elevata considerazione dell'amico in questione e del suo parere,  
è con vivo interesse che mi sono avvicinato a questa pellicola, di cui, per altro, nella mia sconfinata ignoranza, non avevo mai sentito parlare.

Devo dire che, in effetti, è davvero un film splendido, in cui ogni elemento concorre a formare un complesso affresco di un mondo, di una realtà, spesso stereotipata e affrontata in modo parecchio banale. Si tratta delle favelas, del variegato sottobosco umano che vive e sopravvive ai margini dell'impero, ai margini della legalità.
Nel lavoro di Meirelles (2002), tratto dal romanzo di Paulo Lins, la storia è ambientata in una favela brasiliana, chiamata Città di Dio, in realtà un agglomerato di edilizia popolare, baracche e capanne in cui, negli anni '60, sono stati simpaticamente invitati a trasferirsi operai, braccianti, piccoli artigiani, che nel corso degli anni, hanno visto e vissuto il tracollo economico e sociale di un paese.

Il film è una narrazione composita e corale, che parte dagli anni '60 e arriva agli anni '80, seguendo le peripezie di una serie di personaggi, fra cui il narratore interno, Buscapè, unico ragazzo che riuscirà ad affrancarsi dai gironi infernali di violenza, criminalità, droga e morte, raggiungendo il suo sogno di diventare giornalista, mentre i suoi compagni di strada e di vita a uno a uno uccidono e finiscono uccisi, da proiettili e droghe.
L'antitesi del buon Buscapè è rappresentata da Dadinho, bambinetto dal carattere dominante e violento, che riuscirà nella scalata alla malavita locale, divenendo, a suon di omicidi,  il più temuto criminale della città, con il soprannome di Zè Pequeno.

Ma una delle cose belle di questo film è come si venga portati, senza soluzione di continuità, a seguire le storie di molti altri personaggi, che sono dunque secondari solo a parole, perché, in realtà ogni azione di un membro della comunità si riflette sugli altri, anche a distanza di tempo, e spesso con  esiti drammatici (su tutti le futili motivazioni dalle quali nasce la guerra fra bande che anima il finale del film).

Una pellicola che è specchio di una società, che affronta le sue mutazioni fisiologiche durante gli anni, e che ne offre un riflesso sincero e scevro da facili moralismi, una visione che sa di polvere e povertà, ma anche della grande dignità e umanità dimostrata da questi personaggi, che, nel bene e nel male, non si arrendono mai.

Grandissimo film.
Se non l'avete ancora visto, fatelo!
Imperativo categorico.

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