TRA GERMANIA E ITALIA il nuovo classicismo di Ferruccio Busoni

Si prende la foto di copertina e anche l’evidenza grafica del titolare del disco il buon Frank Peter Zimmermann, relegando quasi in secondo piano il nome dell’autore, quel Ferruccio Busoni concertista insigne oltre che teorizzatore di una nuova estetica musicale tra 800 e 900. Poco male, anche se è proprio la musica, cioè la “sostanza” di questo album, che mi ha spinto all’acquisto. Di Busoni – per via del concorso – mi era nota la fama di virtuoso pianista, ma tutto ignoravo delle sue qualità di compositore. Curiosità ben ripagata da queste due opere giovanili (aveva trent’anni) che vedono il violino protagonista: dunque il Concerto op.35a con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e la Seconda Sonata op. 36a per violino e pianoforte, datate per la prima esecuzione tra il 1896 e il 1898. Entrambe affascinanti e per le quali è facile trovare in rete una vasta letteratura di accompagnamento all’ascolto, non dovessero bastare le note (assai chiare ma trilingui e – al solito – assente l’italiano) del libretto. A pelle, le mie preferenze vanno al movimento finale del Concerto, l’Allegro impetuoso (una scelta facile, diciamo) mentre per la Sonata direi il primo movimento (Langsam) e la sesta variazione (Allegro deciso, un poco maestoso) del terzo movimento. A Zimmermann spetta il merito di una resa eccellente e degna del suo Stradivari, ma ottimo mi è sembrato anche il contributo del piano vigoroso e solenne di Enrico Pace per il quale l’editore Sony-BMG avrebbe ben fatto a trovare spazio almeno per una foto nel libretto. Del resto trovo interessante questo incrocio di interpreti tra Italia e Germania, del tutto coerente con la personalità transnazionale di Busoni, nato a Trieste, assai attivo in area mitteleuropea e scandinava e sepolto a Berlino, e che pure lui avrebbe meritato un riconoscimento iconografico in quest’album, peraltro ottimo e assai consigliato.

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