Torni a casa e sai di cherosene, sulla monorotaia le solite facce, quelli che fissano il vuoto, quelli che fissano i sostegni, quelle che si gingillano con la pelliccia nuova e i mocciosi che ridacchiano per niente. Senti qualcosa a cui non sai dare un nome. Non sei felice come il sistema vorrebbe che tu fossi, tua moglie manda giù quelle pillole verdi come se fossero zollette di zucchero: eccitanti, le fanno probabilmente gradire le trasmissioni insulse e formali delle cugine. La notizia di una probabile promozione ti lascia indifferente e lascia indifferente anche tua moglie incantata di fronte al mega-schermo a muro, lei ti dice che così potrete finalmente acquistare un secondo. Non hai voglia di fare nulla, ti butti sulla sedia e scruti il giornale illustrato senza capire cosa vogliano raffigurare quelle vignette. Ti chiedi ancora perché, perché debbano leggere? Cosa li spinge ancora? Leggere rende infelici, asociali e poi è proibito! Non sono forse felici? Cosa gli manca? Quanti libri ho bruciato oggi? Quanti ne dovrò ancora bruciare?

Incontri poi una persona diversa dalle altre sulla monorotaia, non ci fai caso, ma lei ti nota, quasi vedesse che pure tu sei diverso dagli altri. Lei comincia a farti delle domande, le stesse che ti facevi tu ed è sinceramente e veramente curiosa, interessata. E' così simile a tua moglie, ma così terribilmente diversa, bella e bionda, i capelli corti e quegli occhi azzurri così indagatori. Ti lascia con due domande che ti colpiscono irrimediabilmente: “Li legge mai i libri che brucia?”, “E lei è felice?”. Le tue risposte sono meccaniche, rispettivamente “Ovvio che no” (hai di meglio da fare e poi è proibito) e “Ovvio che sì” (davvero? in fondo poi cosa è la felicità, ci dicono di essere felici, ma come è che dobbiamo essere per essere felici?).

Nascondi uno dei libri che dovresti bruciare nella tracolla, non sai neanche tu perché lo fai, forse per provare a te stesso che leggere è inutile. Si tratta di “David Copperfield” di Charles Dickens. Attendi che tua moglie si addormenti, sgattaioli in cucina e inizi a leggere. La tua lettura è incerta, alcune parole non ti ricordavi neanche che esistessero, ma mano a mano che vai avanti cominci a darti risposte, cominci a dare un nome a ciò che senti: frustrazione, tristezza, incompletezza. Cominci a riscoprire ricordi ed esperienze, cominci a provare interesse nel ricordare le cose. Ne vuoi di più, ti senti indietro.

Intanto cominci a vedere, tutto intorno è così finto, le macchine e il camion dei pompieri sembrano giocattoli, le donne sembrano barbie, le case scatole di cartone colorate con tinte assurde, tutto è freddo e vuoto. Non hai mai vissuto veramente. Cerchi di farlo comprendere anche a tua moglie e alle sue amiche, ma quelle fingono di non sentire, di non essere colpite da ciò che tu gli leggi con sentimento. Non puoi più fare il lavoro che facevi prima, non puoi più “vivere” come facevi prima, vuoi solo riappropriarti di ciò che ti è stato negato dalla nascita: il Sapere, la Cultura e tutto ciò che comportano.

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