Prodigio. Grazia. Talento. Sensibilità. Umiltà. Bellezza. Perfezione. Poesia. Fragilità. Unicità. Sono tutti sinonimi di un uomo solo: Chopin.

Un uomo che ha lasciato un segno profondo in chiunque l'abbia incontrato o ascoltato. Un bimbo che nasce maestro, perchè le cose che ha dentro, nell'anima, sono già cultura. Cultura che ha bisogno solo di un mezzo per essere espressa. E l'uomo trova la materia per mostrare la sua meravigliosa anima: Il pianoforte. 

Chopin è il massimo rappresentante del "Romanticismo" e non gli serve nient'altro che un unico strumento per dimostrarlo. Bambino prodigio in grado di compiere miracoli concessi solo a chi è dotato di virtù superiore, quasi ultraterrena.

C'è un episodio che mi è rimasto molto impresso leggendo la sua biografia. Un episodio raccontato da lui stesso. Un prodigio raccontato con una ingenuità e un umiltà che disarma.

Il comandante Costantintino dell'esercito Polacco, era un uomo di una violenza inaudita. Umiliava i propri soldati in pubblico e li schiaffeggiava, spingendoli ad un punto tale di disonore che li portava al suicidio! Pestava la moglie e i propri cavalli. Un vero Demonio. Chopin all'epoca aveva dieci anni ed era già considerato un bimbo prodigio. Gli Chopin vennero invitati una domenica nella residenza del Comandante e Chopin suonò per gli invitati, improvvisando quasi tutto il tempo. Costantino rimase talmente affascinato e colpito che finì per usarlo come calmante umano!  Quando andava in escandescenze e cominciava a distruggere e a pestare, cose, animali o persone, qualcuno correva a chiamare il piccolo Fryderyk e lo scortava da lui, affinchè potesse lenire il suo demone interiore.

Racconta Chopin: <<C'era questo grosso uomo che si sedeva su una poltrona dietro di me con un bicchiere in mano. Sapevo che era cattivo, ma io non so il perché, non lo temevo. Mi guardava tutto il tempo incantato e io suonavo senza pensare a nulla. Ero lì solo per far contenti i miei genitori. Era mio solito, suonare con lo sguardo perso nel vuoto e un giorno lui mi si avvicinò e mi chiese: "Cosa guardi?" io risposi la verità "La musica".

Questo era l'uomo. Un uomo che possedeva anche un umiltà cosciente. Si rifiutò di fare "Variazioni su Bach, "Perchè Bach è perfetto". diceva. La perfezione non si tocca. Si rifiutò di scrivere un opera perchè sapeva che era un campo che non gli apparteneva. "Non tutti possono fare tutto. Di Mozart ce n'è uno solo" rispondeva al suo maestro che desiderava farlo arrivare all'Operà di Parigi. Semplicemente unico. 

Ho scelto di recensire "le Polacche" perchè sono delle micro opere che hanno accompagnato il grande compositore per tutta la sua vita. In questo genere che gli appartiene forse più di qualunque altro, per motivi anche prettamente etnici, culturali e sentimentali, Chopin si eleva su qualunque schema, su qualunque forma e su qualunque inibizione formale. Lascia che la sua essenza si sciolga attraverso la composizione e risulti nuda e sincera. Musica limpida, ballabile, melanconica, sublime, triste, di amore lirico che non conosce intrusioni. In quasi tutte le sue opere Chopin risulta pulito e privo di costrizioni formali e accademiche. Qui siamo addirittura allo stato chimico puro. Un uomo con l'anima in mano che la mostra a chiunque si voglia avvicinare.

Consiglio la versione della "Deutsche Grammophon" che comprende anche gli studi e i preludi (Altra musica inarrivabile) suonate dal grande maestro "Maurizio Pollini". Semplicemente immenso nel tuffarsi e confondersi su spartiti che uniscono una difficoltà massima tecnica e una difficoltà massima interpretativa.

Chopin: un anima che travalica il corpo.

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