Provenienti da Gävle, nella gelida Svezia, i Gadget sono un'importante realtà Grindcore odierna.
Addittati da molti di essere gli eredi dei compianti Nasum, questi quattro ragazzi suonano un Grind molto veloce e particolare, contaminato in certi momenti dall'industrial e in altri dal doom, e non solo; recentemente hanno pubblicato uno split con gli americani Phobia sotto Relapse Records così come il disco di cui vi parlerò in questa recensione.
Il platter si intitola The Funeral March, è il loro secondo album ed è uscito nel 2006 dopo Remote del 2004. Consta di 17 velocissimi brani, chi più chi meno, quasi tutti sotto la soglia dei due minuti e mezzo. Un violentissimo e cattivissimo assalto sonoro inarrestabile. Ma cosa rende particolare e distinguibile questo disco rispetto alla miriade di produzioni Grind odierne? Quali sono i punti forti di questo disco?
1) L'uso delle melodie, malate e convulse, che incastrate nei microtessuti di queste canzoni coinvolgono l'ascoltatore in un headbanging ferocissimo, spaccaschiena. Intendiamoci non sono melodie melensi e sdolcinate, ma cazzute e perfide! Di quelle che se le ascolti quando sei particolarmente incazzato ti fanno crescere un fuoco dentro, un fuoco colmo di grinta e voglia di spaccare a mani nude il cranio di qualcuno (lol, ho reso l'idea?). Prendete la prima traccia "Choked" o le seguenti "Requiem" e "Let The Mayhem Begin", tre randellate sui denti.
2) Gli intramezzi doomeggianti. Canzoni come "Everyday Ritual", intrisa di campionamenti bellici, o "Tingens Förbanneise" spezzano il ritmo furioso del disco e lo portano talvolta in un climax discendente di desolazione e distruzione; interventi azzeccatissimi e curatissimi.
3) Il riffing! Caz#o si! Le chitarre sono motoseghe, velocissime e brutali, ossessive e instancabili rendono la proposta dei Gadget un Panzer indistruttibile e inarrestabile. E non solo... ogni tanto questi gran bastardoni infilano quì e lì qualche riff Black Metal, infernale ed irresistibile, come a dire: "caz#o volete, siamo svedesi. Vuoi che ogni tanto non ci venga voglia di suonare come i Marduk o i Dissection?". Scherzi a parte il lavoro dei due chitarristi è molto ben strutturato.
4) La produzione e la tecnica dei musicisti. Trame Hardcore/Grind/Death sostenute da una batteria in primo piano e declamate da un cantante che alternando voce gutturale a voci più acute, offrono un lavoro molto ispirato in cui sia che l'album venga preso come un unicuum, sia che le tracce vengano ascoltate singolarmente possiamo benissimo cogliere la schiettezza e l'essere diretto di questa rappresaglia di Grindcore moderno.
Questi quattro elementi rendono The Funeral March un buon esempio di pura e geniale personalità, in mezzo al marasma molte volte noioso (escluse le diverse eccezioni) del Grindcore moderno. Procuratevelo se vi piace il suddetto genere e se amate l'originalità applicata ad esso.
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