In un’epoca di scadenti personaggi mediatici, tra i quali almeno primeggia la carne e il fondo schiena di top model soubrette veline ed escort, se il nostro avesse accesso ai moderni mezzi di comunicazione si verificherebbe un cataclismatico salto di qualità (per la formazione del talk-show ideale con il gotha dei comunicatori chiedo aiuto alla comunità debaseriana).

Lord Byron (1788 - 1824) è già presente in due secoli di letteratura, in Balzac Stendhal Dostoevskij Melville Conrad Puskin Hemingway D.H. Lawrence W.H. Auden, senza contare il suo influsso epocale e i riverberi in altre arti: innegabilmente, il suo byronismo continua a scorrere come inesauribile linfa underground. La sua vita mescola la celebrità da rockstar (10.000 copie vendute di “The Corsair”, racconto in versi, il primo giorno di pubblicazione e sette ristampe esaurite in un mese, cosa che ne fa probabilmente il poeta, di tutti i tempi, che ha guadagnato di più con la propria arte) all’essere un antagonista (dalla difesa alla Camera dei Lords dei framebreackers, i luddisti, alle simpatie per i “nazionalisti” italiani e greci in funzione anti-austriaca e anti-turca) pur facendo parte dell’establishment, il quale, privo di strumenti critici da opporre al suo possente motore culturale, non potè far altro che inorridire per le sue passioni, stravaganze e “perversioni”. “Lo guardavano come se fosse apparso tra loro Sua Maestà Satanica”, come dire like a member of the Rolling Stones...

Da progenitore del bel tenebroso (quel che Byron era in diretta dal profondo dell’inconscio), il sentire “dark“ lo ha vissuto lucidamente, senza avvitarsi nella negatività autoreferenziale. Era un’anima estroversa, era affamato di esperienze, era un uomo di valore. “Io desidero che gli uomini siano liberi tanto dalla plebe quanto dai despoti, tanto da voi quanto da me.”. E’ la sua sensibilità diversa che lo rende sovratemporale, e non un banale santino ottocentesco; è il suo reale sex-appeal incantatore, sotto i panni di poetico rivoluzionario, che lo recupera vincente in un mondo di avatar virtuali: Byron vive mentre (molti) altri simulano.

Camille Paglia, in “Sexual Personae - Arte e Decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson”, Einaudi 1993 (fuori catalogo), riscontra degli elementi comuni tra Byron ed Elvis Presley: belli di un incarnato mai appassito, il bianco collo slanciato come un libero colombo nel cielo (ricordate i nouveaux philosophes B.H. Levy, A. Glucksmann, immacolati sulle barricate), tendenti entrambi alla pinguedine e perennemente in lotta con alimenti & dintorni, intabarrati (il Lord) in principeschi abiti da cerimonia albanesi o (Pelvis) in ariose tuniche ridondanti da divinità indiana/indù. Sicuramente sono loro gli archetipi per rockstar prossime venture, e proprio nel diventar banchetto per le folle baccanti i percorsi dei due tornano ad allontanarsi: Elvis venne presto masticato digerito metabolizzato dal vorace sistema, così da esser reso innocuo; duetta con Sinatra, gorgheggia nell’ US Army, diventa una mezzasega dai ruvidi camicioni texani, esaurisce il furore primigenio in caprioleggianti ribellioni adolescenziali - fuggo di casa ma solo fino al primo drive-in - insomma si tramuta in un totem imbottito di psicofarmaci.

Byron ha mantenuto la sua irriducibilità nei confronti del potere e della sua biologica capacità di corrompere (come la ruggine con i metalli), vivendo in modo deliberatamente eccentrico (da intendersi come orbita) fino ad imporsi l’esilio. “Non ridere di me. So che lo farai. Ma ti giuro che faccio sul serio, se solo risulterà possibile. Non voglio aver nulla a che fare con i progetti di guerra; mi basterà vivere laggiù come un coltivatore e un buon cittadino...”.

E così facendo, diventando retoricamente cittadino del mondo, il nostro eroe viene in modo sublime ricordato da un hotel extra-lusso in quel di Roma, ridotto a poco più di un negromante perverso in Gothic di Ken Russell, a lui viene dedicato (prima dei titoli di coda) Mad Max II...  è andata peggio a T.S. Eliot, al quale dissero di essersi ispirati i Duran Duran.

Chi volesse affrontare “Il Corsaro” in una traduzione accessibile: http://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/byron/corsaro.html

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