"Yellow submarine" fu un amore nato per caso, partorito da un cambio di canale, forzato ma efficace, concepito una manciata di lustri fa. Fu allora che, rapito dalle immagini psichedeliche di questo stranissimo cartone animato e inebriato da quelle note così familiari ma mai, prima d'allora, incontrate di persona, che scritturai i Beatles per comporre la colonna sonora della mia vita.

A onor del vero, nel vedere quei disegni così "strani", per me che ero abituato a Walt Disney, Hanna-Barbera (limitatamente a Tom & Jerry) e Chuck Jones, non rimasi molto contento nel doverlo visualizzare, a maggior ragione perché ero stato distolto dalla preferita ed ennesima caduta nel burrone di Willy Coyote. Tedio mi colse fino a quando un vecchio arnese, azionato per una particolare situazione d'emergenza, iniziò a volare sul sottofondo di "Yellow submarine". Come il canto delle sirene per Ulisse rimasi stregato da quella canzoncina che avevo ascoltato chissà dove senza mai essermi preoccupato di informarmi su chi cavolo fossero gli esecutori. E mentre quel piccolo sommergibile colorato sfrecciava tra le montagne variopinte dei titoli di testa, feci di tutto per non farmi legare ad un fantomatico albero maestro nel salotto di casa.

In un tempo indeterminato, a Pepelandia si vive in assoluta tranquillità. Pace, amore, musica e colori inonderebbero ogni angolo di questo bellissimo mondo, se non fosse per certi cattivacci di mostriciattoli con gli stivali detti "Biechi blu", intenzionati a rendere tutto cupo e grigio con un esercito di bizzarri personaggi. Il loro attacco a sorpresa getterà Pepelandia nel panico e solo il rocambolesco intervento della Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepe, radunata da un vecchio marinaio, riuscirà a risolvere la situazione.

Le immagini, collazionate da Heinz Edelmann su stesura di Lee Minoff, sono imbevute di una creatività all'epoca innovativa, colori fosforescenti, alchimie variopinte, sapienti fusioni di effetti grafici davvero difficili da immaginare o da descrivere. Considerando che nel 1968 il digitale era qualcosa atta alla pressione del dito e il 3D poteva essere la sigla di un esercizio pop-art, non si fatica a definire "stupefacente" e avanguardista lo stile di animazione del film. La sceneggiatura, abbastanza semplice è basata su battute scherzose, semplici nonsense cari a Lennon e, comunque, dialoghi pertinenti alla struttura del film, divertenti e comprensibili per i piccoli spettatori e non. Ralph Bakshi, qualche anno dopo, attingerà molto alle fonti grafiche.

Toccante la sequenza accompagnata da "Eleanor Rigby", divertenti le sequenze di Ringo salvato dalla cavalleria nel "Mare dei Mostri", o dell'incontro con il fisico, poliglotta, botanico, satirista, pianista e dentista Geremia. E Glove? Il terribile guanto? Psichedelica l'amazzone ballerina di "Lucy in the sky with diamonds", baluginante, acustica quella di "Only a northern song" e straniante la sequenza del "Mare dei buchi", così come carina e curiosa quella in cui, sulle note di "When i'm sixty-four", i Beatles, proiettati nel Mare del Tempo, dimostrano quanto possa essere lungo, un solo, banalissimo minuto.

I "Fab Four" appaiono in carne ed ossa nel finale, intonando la simpaticissima "All together now" e mostrando i souvenirs di questa meravigliosa avventura. Oltre alle canzoni, da evidenziare ci sono le musiche composte da George Martin, abilmente adattate alla freschezza e alla frizzante magia di quel meraviglioso sottomarino giallo che navigherà, per sempre, nei cuori di ognuno.

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