Nel 1623 l'ascesa al trono papale di Maffeo Barberini, che scelse il nome di Urbano VIII, fece assumere a Bernini venticinquenne un ruolo ufficiale all'interno del programma politico del papa. La cultura umanistica e l'intelligente interesse per le arti dimostrato da Urbano VIII crearono tra i due una lunga amicizia. Quasi ministro della propaganda, l'artista tradusse in opere monumentali i grandiosi progetti del papa, la sua volontà di celebrazione della Chiesa romana cattolica e la propria ambiziosa famiglia.

Urbano VIII, fin dal 1628, commissionava la sua tomba da collocare nella nicchia destra dell'abside di San Pietro. Bernini riuscì a unificare il monumento commemorativo e il monumento sepolcrale: è infatti sottolineato il trionfo della potenza papale, l'aspetto storico, e la memoria personale, l'aspetto umano. Urbano benedicente seduto sul trono poggia su una base architettonica, ai lati del sarcofago le raffigurazioni della Carità e della Giustizia, sopra lo scheletro pauroso della Morte a grandezza naturale nell'atto di scrivere l'epitaffio di Urbano VIII a lettere d'oro.

Il contrasto dei materiali è significativo: tutto ciò che è in diretto contatto con il defunto, il sarcofago, la Morte, la statua papale stessa, è realizzato in bronzo scuro; le allegorie della Virtù invece sono in splendente marmo bianco: esse, con le loro qualità umane, in particolare la donna raffigurante la Carità, si pongono come mediatrici fra l'osservatore e il papa. Bernini, superando il compassato classicismo dei monumenti sepolcrali cinquecenteschi, infonde al tema funebre vitalità e dinamicità spettacolare.

La Morte che scrive "è un modo vivo e pulsante di sostituire il banale cartiglio epigrafico", sottolinea (a mio parere giustamente) il critico Fagiolo Dell'Arco. Con quest'opera, l'artista segna un netto spartiacque con la vecchia traduzione della scultura funebre.

Il monumento, ricco di variazioni di colore e di effetti luministici causati dall'adozione di svariati materiali, rappresenta l'archetipo della tomba barocca, ideale espressione della drammaticità religiosa del Seicento. E il Bernini n'è il miglior esponente.

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