Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere. (Bertolt Brecht)

Agosto si è eclissato tra le dolci pieghe di queste nuvole, che ora il tramonto colora di un rosso tenue, ed io non so davvero cosa fare. Decido di prendermi un attimo di tempo e cercare un disco prematuramente autunnale. La scelta è repentina e ricade su Round About Weill (ECM 2005) di Gianlugi Trovesi (clarinetto) e Gianni Coscia (fisarmonica). Un disco curioso già nei presupposti, poiché si tratta di un omaggio alla musica di Kurt Weill (1900 – 1950), eclettico compositore tedesco che ha legato indissolubilmente il suo nome a quello del geniale - e sempre attuale - drammaturgo Bertolt Brecht ed affascinato intere generazioni di ascoltatori, ma non solo. Sono, infatti, innumerevoli i musicisti che hanno attinto alla sua musica dai Doors di Jim Morrison (Alabama Song), a Nick Cave (Mack The Knife), oltre ovviamente Ute Lemper ed il mezzo soprano Teresa Stratas con interpretazioni più "classiche"
Alla luce di questi prestigiosi esempi, prima di far partire il disco mi domando allora come Trovesi e Coscia si siano accostati a questo mostro sacro, alla sua musica povera e ricca allo stesso tempo, che fa venire in mente risate amare, evidenti finzioni, scarni palcoscenici polverosi e cabaret in penombra. Già dal titolo del disco immagino qualcosa che non va a ricalcare completamente Weill, quanto ad evocarlo. E fra me e me penso che sia un bene e sono certo che Trovesi e Coscia non mi deluderanno, anche perché sono dei grandi musicisti. Lo hanno dimostrato ampiamente con i loro precedenti album (Radici del 1994 e In cerca di cibo del 1999).

Ascoltiamo dunque e già dal principio è evidente il clima che i due vogliono creare con la composizione originale "Dov'è la città", nella quale, appunto, girano intorno a Weill: le note mormorano di città lontane, albe e crepuscoli, luci diafane e guizzi improvvisi di un sole fittizio. I meccanismi sono chiari e mostrano che il loro approccio è libero, teso a ricreare le suggestioni originarie della poetica di Weill attraverso interpretazioni, che trovano nuovi innesti a volte colti, ma più spesso derivanti dalla musica popolare, essendo così coerenti con la fonte ispiratrice. I temi musicali di Weill sono tratti per lo più dall’opera "Ascesa e caduta della città di Mahagonny" del 1930, che i due incastrano con citazioni (Blue Moon, My Funny Valentine), alternando brani originali e piccole rarefatte quanto elegantissime ironie, che, sorprendendo pian piano, diventano veri lampi di genio ("La cumparsita" e "Tristezze di Fra Martino"). Libertà, si diceva, nella scelta dei brani accostati, ma anche nell’esecuzione. E il clarinetto di Gianluigi Trovesi sembra l'emblema perfetto di questa libertà, specialmente quando intona il tema di "Youkali", un tango con il profumo di Francia, sul quale i due si divertono a divagare ora languidamente, ora dolcemente, ora mostrando un sorriso beffardo.
La musica è spesso una leggera oscillazione dettata dal suono puro e pastoso del clarinetto di Gianluigi Trovesi, che unendosi alla scintillante fisarmonica di Gianni Coscia, non lascia un vuoto, uno spazio occupato dal silenzio. E quando il silenzio arriva è solo il preludio per una nuova parafrasi malinconica di Weill, che si svolge con un respiro fluente in grado di insinuarsi in modo subliminale nella mente, dipingendo di tanghi e marce e di quei cabaret nebbiosi una nostalgia, che la musica avvicina ed allontana fino a renderla irraggiungibile, sfumandone i contorni in un modo così impercettibile da sembrare un sogno che svanisce al risveglio.

Nostalgici, spregiudicati, colti, ironici, originali e vitali Trovesi e Coscia hanno realizzato un piccolo gioiello che fa spiccare il loro grande talento e la loro altrettanto grande cultura.

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