1972 é l´anno del ritorno in patria per Gilberto Gil dopo tre anni di esilio forzato in Inghilterra. É anche il momento di ricominciare, di rivedere tutto e rimettersi in gioco elaborando le nuove influenze assorbite a Londra.

Immaginiamo cos´abbia significato vivere quegli anni, immersi in quel fermento musicale e culturale, per un grande artista como Gil insieme al suo eccelso compagno tropicalista Caetano Veloso, loro due che giá avevano aperto il cammino alle contaminazioni musicali brasiliane. Respirano a pieni polmoni l´aria dei club londinesi, vedono la contestazione nelle strade e probabilmente aprono le porte alle nuove percezioni grazie alle nuove sostanze di sintesi.

"Expresso 2222" é il nome di un treno, quello che da ragazzo lo ha riportato a Salvador dopo parecchi anni passati lontano dalla sua cittá.

"Expresso 2222" é il nome di una canzone che racconta di un viaggio lisergico attraverso il tempo, su dei binari scintillanti verso l´infinito, che partono da una terra di vento, di fuoco, di acqua e sale, fino al cielo dove Cristo é visto salire in un velo di nuvola brillante.

"Expresso 2222" si chiama questo ottimo album dove Gil riesce a vincere la sfida di riassumere tutte le sue esperienze musicali, culturali e personali. Riesce a portare a compimento quello che il tropicalismo si prometteve di fare in campo musicale. Liberatosi oramai da quel pesante fardello della contestazione politica contro la dittatura, che trova il suo nuovo portavoce in Chico Buarque, Gil consegue anullare, col suo nuovo bagaglio di esperienze, le distanze fra il Regno Unito e Bahia, riesce a costruire un ponte temporale fra il nuovo e il passato, riferito, quest'ultimo, all'eredità bossanovista e alla tradizione musicale nordestina.

"Pipoca moderna" apre l´album con il suono dei pifferi indios; vuole essere un'abbraccio alla sua amata terra, e poi "Back to Bahia" un funk-rock che esorcizza tutta quella nostalgia sofferta durante l´esilio. "O canto da ema" e "Chiclete com banana", sono due pezzi portati al successo alla fine degli anni cinquanta dal buon Jackson do Pandeiro, oserei dire due "standard" della musica brasileira, magnificamente riarrangiate, la prima in chiave rock e la seconda in bossa-nova. E poi "Oriente" per immergerci nelle riflessioni spiritualiste e la bella "Sai do sereno", e cosí via, continuando il viaggio su questo espresso, attraverso un ascolto che si lascia assorbire con semplicità, ricco di idee, ben prodotto e meglio ancora suonato, un lavoro che per le già citate influenze potrebbe essere un buon inizio per avvicinarsi alla musica brasileira.

Grazie Gil.

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