In autunno Treviso l'ho sempre esplorata camminando lentamente per le vie, dove i passi risuonando sulle pietre del selciato ricordano la cadenza di un suono piacevole, come quello che si prova durante una passeggiata all'aria aperta, con i sensi tesi a ricordare ogni cosa per poi riempire la mente di belle immagini e di buoni odori. E ad ogni passo agli angoli d'incroci, di slarghi e piazzette, con la scoperta di nuovi spazi anche il paesaggio cambia, evocando a volte un viaggio a ritroso nel tempo, dove si procede camminando e sfiorando appena con gli occhi le pietre dai colori caldi e dolci, per incontrare poi, all'improvviso, il gorgogliare dell'acqua lungo le rive erbose, esposte all'aria e alla luce di un fresco mattino d'autunno.

Ecco, se penso a una musica che si può associare alla mia Treviso autunnale, questa è "Adagio per archi Op. 11" del compositore americano Samuel Barber.

D'estate, invece, quando le pietre rimandano il trasudare della calda luce diurna, per trovare un po' di frescura si va in bicicletta lungo gli argini del Sile, seguendo i percorsi delle alzaie della Restera. Correndo in bicicletta dentro i tunnel ombrosi e verdi degli argini, che si alternano alle superfici abbaglianti e chiare delle alzaie scavate nella polvere, è come sintonizzarsi dentro il sortilegio di questa natura, che la sterminata fatica dell'uomo ha influenzato con il suo lavoro e tramandato ai propri figli.

Poi verso sera, quando tutti i rumori si smorzano, si passeggia al fresco ascoltando i fruscii delle canne sui bordi del fiume, fino a che l'aria si tinge dell'ombra fosca della prima notte.

Seguendo i sentieri lungo il fiume, l'incontro con la quiete di queste onde d'acqua, così verdi che sembrano colorare anche i cieli, ricorda le note del Concerto in mi maggiore op. 8 "Le quattro stagioni" di Antonio Vivaldi.

Treviso la ricordo anche così: ascoltando la musica di Vivaldi e guardando un'opera d'arte altrettanto famosa come "La tempesta" di Giorgione da Castelfranco, eseguita nel 1505-06 a Venezia da uno dei più enigmatici artisti del cinquecento morto a soli 32 anni.

Non è strano collegare Venezia con Treviso perché entrambe sono accomunate da molte cose che noi, spesso distratti da mille impegni e pensieri, fatichiamo a ricordare o a riconoscere: come il piacere di saper unire la qualità di ogni singola immagine, in un insieme unico e armonico di natura e opera umana.

Treviso e Venezia avvicinate dall'acqua che genera la vita, e dal sapiente lavoro dell'uomo che unisce tutto ciò che serve al vivere quotidiano, con quello che è bello e armonioso. Per questo motivo amo Treviso come Venezia, e per questo motivo mi viene facile legare la musica alle immagini dell'arte.

Nella "Tempesta" di Giorgione lo sguardo si perde e s'incanala seguendo le curve di un ruscello dall'acqua placida e trasparente i cui riflessi, verde azzurro, si perdono nella luce satura di vapori della tempesta in arrivo. In lontananza, un leggero ponte di legno senza parapetti unisce un sentiero, largo e spianato come un'alzaia, agli edifici di una cittadina fiorente che si affacciano sull'acqua.

Ed ecco nel cielo saettare un lampo, che squarcia le nuvole cariche di pioggia e attira la nostra attenzione come una fredda calamita di luce: è questo fulmine a dominare tutta l'opera e a darle un significato moderno di fenomeno in atto.

Poi il nostro sguardo ritorna alla quiete del primo piano, incorniciato da un fitto sottobosco e dalle fronde di due alberi dal fusto alto e sottile, mentre delle antiche architetture classiche rendono questa scena strana e misteriosa, e proprio in questo strano paesaggio agreste, due figure sui lati estremi sembrano complicare, ulteriormente, il senso dell'opera.

Un giovane uomo, appoggiato a un lungo bastone e in posizione rilassata, guarda verso l'altra riva.

Sul lato opposto, adagiata nel profumo di muschio dell'argine, una donna nuda allatta e guarda verso di noi, attraendoci definitivamente e misteriosamente nell'orbita del dipinto, per poi farci ritornare a osservare lo scorrere dell'acqua nel ruscello, fino all'aspro lampo del fulmine tra le nuvole.

Allora è chiaro che le due figure ai lati estremi della scena, proprio perché marginali, esaltano la centralità di una natura armoniosamente impreziosita dall'architettura antica e moderna, come testimonianza dell'intelligenza e del sapere umano: proprio come a Venezia e Treviso.

La tempesta è una piccola tela a olio e tempera di 83 x 73 cm. conservata alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Tra le opere di quest'artista è sicuramente quella più famosa, che sarà d'esempio per gli artisti di ogni epoca.

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