Ciao tutti/e, segno oggi il mio esordio nella trattazione di tramissioni televisive, approfittando dello spazio messo a disposizione dal sito. Trasmissioni televisive su cui vorrei soffermarmi, con Voi e per Voi, soprattutto per riflettere sulla tivvù italiana minore, sia come specchio di un'Italia semplice e popolare, sia con riferimento alle reti, regionali ed interregionali, che la diffondono.

Mi cimento con questo tema partendo da una trasmissione che definirei, senza esitazioni e senza temere il rischio dell'iperbole, straordinaria: "Diretta Stadio... ed è subito goal".

Diffusa in quasi tutta Italia tramite il circuito "Italia 7 Gold", ma concepita in Lombardia, "Diretta Stadio" (al pari di altre trasmissioni omologhe, come l'antesignana "Qui Studio a Voi Stadio", o altre diffuse in tutta la Penisola) sfrutta un'intuizione che direi magistrale e che meriterebbe, a mio avviso, più di una dissertazione per aspiranti tesisti o studenti liceali attenti al mondo della comunicazione: si tratta, infatti, di una trasmissione in cui si parla di calcio, si racconta, di calcio, ci si emozione di calcio, si riflette sul calcio e si vive di calcio... senza che il calcio sia minimamente rappresentato o percepito da parte dello spettatore. Qui, infatti, non si vedono spezzoni di partita, non si vedono moviole e relativa discussioni, non si vedono interviste in diretta, ma, semplicemente, si racconta la partita, che solo gli ospiti in trasmissione vedono dai loro teleschermi, sintonizzati sui canali a pagamento tipo Sky.

Grazie alla simpatia e competenza dei conduttori e degli ospiti il linguaggio e l'affabulazione prevalgono sulla diretta esperienza del fenomeno (qui, una partita di pallone), segnando una sorta di ritorno alla cultura orale su quella dell'immagine, ed attribuendo alla televisione l'originario ruolo di medium, ovvero di mezzo per accedere alle informazioni, alla conoscenza di un fenomeno, che via via si è snaturato, o, meglio, è mutato. Il che va in netta controtendenza rispetto al diretto accesso all'immagine, ed alla apparente autonomia di scelta dell'individuo, attraverso altri media quali, principalmente, internet ed i vari youtube et similia.

L'operazione compiuta sul piano della comunicazione da "Diretta Stadio" non è, ovviamente, immune da rischi, ove si osservi - sebbene non sia il nostro caso, grazie alla soavità di chi partecipa alla trasmissione - sia come attraverso questo forzoso ritorno all'oralità si torni ad attribuire una sorta di auctoritas alle voci che provengono dal video, quasi dei demiurghi della realtà che ci parlano da una nuova ed improvvisata cattedra, sia come la parola, distinta dall'immagine, rischi talora di gettare l'individuo nell'incertezza di un mondo apparente, quasi come nel mito della caverna di Platone.

Non vi è chi non colga, infatti, il rischio insito nel farsi raccontare una cosa, piuttosto che viverla, percepirla, in maniera personale: si trasferisce il potere dell'interpretazione, della trasmissione stessa della realtà in termini e della circolazione delle idee, a pochi soggetti eletti, gli aristòi dell'interpretazione verrebbe da dire, quasi minando quella eguaglianza delle posizioni di partenza che si può avere mediante un diretto accesso alla informazione ed una piena facoltà di interagire con essa, oggi ad appannaggio dei soli abbonati Sky in una sorta di democrazia apparente, basata sul censo (trattandosi dei più abbienti o di chi fa notevoli sacrifici economici per vedersi il calcio in casa). Ma mi domando se lo stesso problema non si ponga con riferimento a chi filtra, in qualsiasi modo, e con qualsiasi mezzo, le immagini stesse, sia in televisione che in rete, finendo anche qui per rappresentare, e dunque in qualche modo "tradire" - trasmettere e mutare - un fenomeno storico e concreto, per cui "Diretta Stadio" ci mostra, in nuce, un fenomeno latente in ogni tipo di informazione.

Tralasciando queste tematiche non poco inquietanti, e soffermandomi sull'aspetto ludico del programma, non posso mancare di osservare come si tratti di un gioco delle parti, di un piccolo teatro in cui tutti sono parte di uno stereotipo, rassicurante ed al contempo familiare, che forse ci distrae dalle pericolose riflessioni fatte poc'anzi per farci assaporare la gioia della pura visione: ricordo i siparietti dell'esagitato milanista Crudeli e del serafico interista Corno, il giovane altrettanto interista Tramontana, la competenza e l'equilibrio dello juventino Zuliani, passando per gli apporti tecnici di ex calciatori come Brio, Ferri sr., Lodetti, e le ospitate di un reduce della commedia all'italiana come Maurino Di Francesco. Il tutto viene orchestrato da conduttori equilibrati e bravi nell'acrobatica gestione degli interventi dei singoli, come Giuliani e, presenza femminile della trasmissione, Giovanna Martini, forse meno bella ma certamente più simpatica ed autoironica di Ilaria d'Amico.

Appunto l'autoironia dei protagonisti salva sempre il programma, costituendo un valido antidoto alla faziosità, ed alla latente violenza, insista in ogni forma di tifo e partigianeria. La salvezza del calcio passa, forse, attraverso trasmissioni come queste, che lo ridimensionando, lo traducono per lo spettatore, lo tradiscono e ne depotenziano, al contempo, la radicalità.

Direttamente Vostro

Il_Paolo 

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