Vi diró per iniziare che io non frequento altre piattaforme cinematografiche oltre FilmTV.
Il motivo? Trovo una notevole correlazione tra i gusti di questa comunitá ed i miei.
Pertanto vado sul sicuro nel vedere un film che viene recensito bene, cosí come nel saltare un film che viene recensito male.

E qui si crea un inatteso stridore.
Per una volta rilevo che mi trovo in completo contrasto con il voto espresso dagli utenti rispetto a questo film, ed é questo il motivo della mia recensione.
Cinefili che collettivamente apprezzo attribuiscono a questo film un voto di 4.2.
Di regola non lo dovrei neppure considerare.
Eppure per qualche motivo mi attrae.
Vediamo che accade.

In breve la trama, che mi pare quasi secondaria: un neonato che puó esser visto solo dai puri di cuore, del quale la comunitá dei senza dimora ed emarginati si prende cura e che al di lá dei rispettivi credo religiosi li unisce e rende migliori loro e forse successivamente il mondo.

Di questo film ho apprezzato la regia di Giovanni Bedeschi, quasi sempre semplice, lineare e di buon gusto. Quasi sempre.
Bedeschi ne é stato anche produttore.
Ho apprezzato moltissimo i due protagonisti: una ancora bella Donatella Bartoli, credibilissima nel ruolo di una clochard non completamente in controllo di se stessa ma tenera oltre le aspettative, sguardo a tratti stralunato, a tratti penetrante, sempre dalla parte giusta; e questo Sergio Leone del quale ammetto di non sapere nulla ma anche lui molto credibile nel ruolo di un ex proprietario di officina meccanica che a seguito di incomprensioni in famiglia verso la moglie e la figlia molla tutto e si trasferisce nella comunitá dei barboni milanesi.
Ho apprezzato anche Gigi Piola - perdonatemi, anche di costui non so nulla, magari ha decenni di arte alle spalle - che ci fa comunque da Virgilio nel nostro viaggio e ci conforta col suo buon senso.
E - Diamine - ho apprezzato anche l'interpretazione di Paola Pitagora, che immagino essere avvenuta piú o meno senza retribuzione.

Alcune scene del film suonano invero abbastanza scontate e stucchevoli, ne attribuirei la responsabilitá allo sceneggiatore, tal Franco Dipietro.
A causa di qualche caduta di tono di esagerato stile "buonista", infatti, nella seconda parte del film si perde forse un pó di vista l'intento descrittivo e si abbraccia una lettura facilmente tendenziosa che vi lascio ritrovare e - come ho fatto io - ignorare.

Perché il film ha i suoi lati fortemente positivi nell'empatia con la quale ci porta a riconoscerci nei valori di questa comunitá emarginata senza dipingercela a tinte pastello ma facendoci riconoscere nello spirito di fratellanza.
Ci si sente feriti dagli atti delle squadre fasciste.
Ci si sente di ringraziare la Caritas, e tutti i volontari che partecipano all'accoglimento ed alla tutela di questi senza tetto.

Ed ha anche alcuni momenti di densa poesia.
Penso al valzer notturno in Galleria; penso alla festa di Capodanno.
Penso al monologo finale di Piola di fronte alla Fontana di San Francesco.

Non capisco - dico sul serio - le valutazioni del pubblico; di un pubblico ragionevolmente informato.
Non é un capolavoro. Ha alcune cadute di stile.
Ma é un film che ci voleva, e che lascia lo spettatore piú ricco e piú consapevole.
Ce ne avessimo, di film makers come questi.

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