Giuseppe Marotta, nel presentare Gli alunni del tempo, ha dato spazio a narrazioni diverse, dividendo in due parti distinte il suo scrivere.
La prima parte è ambientata in un quartiere napoletano, Il pallonetto, tra i bassi vari personaggi di un proletariato urbano, una genia immaginaria fatta per compiacere il lettore amante del paradosso napoletano.
Dalla visuale dei bassi emerge il racconto quotidiano di don Vito Cacace. lettore indefesso che interpreta i quotidiani per il resto della congrega, le obiezioni vengono sollevate dagli altri personaggi sulla base delle loro personali esperienze e sui modi di fare creatisi all'interno del gruppo.
La "macchietta/maschera" dell'invalido pare tratta da Il principe ed il povero, le trovate da avanspettacolo inseriscono tutti i personaggi in un crescendo che li accomuna e rende omogenea la narrazione, il neo realismo troverebbe spunto per un film in cui la grandezza delle motivazioni promuoverebbe il loro agire.
Anche l'amore, o presunto tale, cede alle ragioni economiche, questo martimonio non s'ha da fare" perchè la vedova percepisce la pensione del de cuius, argomenti ad oggi ancora attuali.
Gli sconvolgimenti epocali derivanrti dagli accordi internazionali vengono letti con andreottiana sagacia, ad esempio l'attacco alla NATO potrebbe inserirsi ancora oggi tra le notizie di un prestigioso quotidiano non allineato al regime.
La seconda parte del libro, titolata "Racconti", dipinge a tinte color pastello i personaggi di quella Napoli collocata tra la fine degli anni cinquanta ed i primi anni sessanta, qui la narrazione appare ristretta a meno voci ed intorno ad ogni racconto l'evoluzione è più circostanziata.
Un libro per riflettere su quanto la società, non solo a Napoli, ha vissuto e sta vivendo i cambiamenti, sottotraccia l'adagio gattopardesco, "facciamo che tutto cambi affinché tutto rimanga come prima", è a mio dire uno dei fili conduttori della lettura
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