La rinascita del tango

Sono passati cinque anni dal rutilante esordio discografico dei "Gotan Project" ("La Revancha del Tango" - Ya Basta! 2001), un successo internazionale inaspettato per una proposta musicale originalissima che miscelava la tradizione del tango con sonorità elettroniche ricercate, ma coerenti con l'intensità emotiva della musica argentina, intatta in tutta la sua seducente e malinconica forza interiore anche in questa dimensione. Anzi si può dire che questa scelta, apparentemente bizzarra, è riuscita a donare una nuova ed emozionante linfa vitale a questa musica, che così si è potuta prendere la sua rivincita, riacquistando ovunque una popolarità che col trascorrere del tempo rischiava di diventare un impolverato, quanto preziosissimo topos del '900.

In questi anni il gruppo franco-argentino, sulla scia della fama acquisita, ha portato in giro per il mondo uno spettacolo di rara bellezza per musica ed immagini, consolidando la forza di questo ambizioso progetto che oggi si arricchisce di un secondo capitolo in studio: Lunático (Ya basta! - 2006). E il primo ascolto regala immediatamente la vibrante e bellissima sensazione che questo lustro non sia passato invano. Infatti, pur proseguendo con continuità nelle ambientazioni del primo album, questo lavoro ha una nuova anima contraddistinta essenzialmente dalla scelta di brani originali, tutti interpretati da musicisti traboccanti di vitalità e passione, avvalendosi anche di magnifiche collaborazioni. Su tutte va ricordata quella con i Calexico capaci di unire nel brano di apertura - "Amor Porteno" - i loro suoni "desertici" al languido tormento del tango in una dimensione sonora inusuale, tanto originale, quanto intrigante.

Se il primo disco fu la rivincita questo, allora, rappresenta la rinascita del tango, che i "Gotan Project" decidono di accompagnare verso il futuro. Il loro sogno è difatti quello di dare una nuova vita a questo genere, vestendolo di modernità, pur non dimenticando l'alveo in cui si incanala la tradizione. Dunque far rinascere il tango, mantenendolo sempre come un "pensiero triste che balla" (Enrique Santos Discepolo). Ecco così in primo piano gli strumenti che hanno fatto la sua storia: contrabbasso, pianoforte, violino e naturalmente bandoneon. Ma questi vengono ricoperti di nuovi colori musicali che inneggiano mille sensazioni: il rosso come la passione dell’amore, il blue misterioso della notte, mentre il bianco e nero, giocando a contrastarsi, dipingono un'atmosfera intensa e sensuale. Così fragili e sinuose ragnatele di archi si intrecciano con ritmi elettronici; voci femminili suadenti si alternano a campionamenti e cenni di chitarra, incontrando dolci fraseggi di pianoforte; respiri frementi del bandoneon giocano con loop e rap in spagnolo. E mentre la melodia parla all'anima, il ritmo risveglia il corpo intorpidito, con un racconto musicale che si dipana secondo una chiara coerenza stilistica con tratti di estrema raffinatezza, cura ed eleganza, non lasciando ampi spazi alla nostalgia del passato, ma aprendo semmai nuovi orizzonti.

Questa musica si muove con passo indolente, ma poi aggredisce con energia per sfociare in un torbido romanticismo che richiama ora Carlos Gardel, ora Astor Piazzola, ora le periferie Buenos Aires, ora i club di Parigi, fino ad atterrare nel Texas di Ry Cooder ("Paris Texas") lasciandoti alfine senza fiato, stanco e felice come dopo una lunga corsa nei cieli del mondo, che però si desidera ricominciare non appena conclusa.

Il tango è rinato, lunga vita al tango.

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