La guerra non finisce nel momento in cui si lascia il campo di battaglia, i ricordi e le sofferenze continuano ed è impossibile ritornare normali. Il problema dei reduci è comune ad ogni conflitto, in letteratura lo hanno trattato molto bene molti scrittori: Fenoglio ("La Paga Del Sabato"), Boll ("E Non Disse Nemmeno Una Parola"), Remarque ("Tre Camerati") per citarne solo alcuni. Nel cinema si assiste ad una analisi simile ma forse meno completa; "Tornando A Casa" di Hal Ashby è uno dei primi film a occuparsi dei reduci della guerra del Vietnam, siamo nel 1978 è lo stesso anno del "Cacciatore" di Cimino, ma qui si racconta uno spaccato diverso del problema: il reinserimento nella società e nei rapporti affettivi.

La sceneggiatura è scritta da Robert C. Jones che firmerà anche l'anno seguente il capolavoro "Oltre Il Giardino" sempre diretto da Ashby. "Coming Home" ci riporta la storia di tre personaggi segnati da un motivo comune. Luke Martin (Jon Voight) è un reduce che in Asia ha perso l'uso delle gambe ed è ricoverato in un ospedale militare ben lontano dagli occhi della gente comune; qui incontra la sua vecchia compagna di scuola Sally (Jane Fonda) che ha il marito capitano in Vietnam, il loro incontro aiuterà Luke a riassaporare il gusto di vivere ma turberà gli affetti di Sally che sarà costretta a fare i conti con le conseguenze delle sue scelte.

Ashby dirige una pellicola forse meno complessa del suo "Harold And Maude" ma ugualmente ben riuscita. Le immagini per questo regista contano molto e allora realizzare scene accurate per esprimere la sua visione della materia trattata è importante. "Coming Home" quindi è nuovamente un film che trasmette molto attraverso i simboli così come accadeva nella pellicola del 1971, la sfilata di bare avvolte dalla bandiera americana dal ritorno dal Vietnam, lontana da occhi indiscreti, dice molto di più di tante parole. L'antimilitarismo del regista è evidente ma Ashby ha il pregio di non cadere nella retorica e nella banalità mostrando pacifisti riformati che protestano in presidi improvvisati, riesce a comunicare una più ampia visione del problema senza inutili e banali scorciatoie. Le lunghe sequenze nell'ospedale, i militari impossibilitati a muoversi, quelli totalmente traumatizzati e ridotti ad uno stadio infantile, sono molto efficaci e dicono molto su cosa sia un conflitto bellico e soprattutto cosa lasci nel fisico e nell'anima. I personaggi sono ben delineati, quello di Voight non ha più fede in nulla (giustamente) ma riuscirà a ritrovare una propria dimensione grazie a persone che non ignorano il suo passato. Ashby in una bellissima scena ci mostra Luke in un supermarket intento a fare normalmente la spesa, la gente lo guarda come se fosse lui il responsabile del fallimento USA in Asia, l'ipocrisia di una nazione è portata alla luce in poche sequenze. Bravissima Jane Fonda nel ruolo sia della moglie del militare convinto e inquadrato (Bruce Dern) sia in quello più fragile di infermiera portata di colpo in una realtà che credeva lontana, ma che le era semplicemente come a tutti tenuta ben nascosta.

Tre Oscar, miglior attore, attrice e sceneggiatura "Coming Home" vanta una colonna sonora splendida, musiche di Paul Simon, Beatles e molti altri protagonisti degli anno '60; un buon film di denuncia che pur mantenuto leggero in molti punti non perde mai il suo spirito, questo era il cinema di Ashby.

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