"Se non fosse esistita Harriet Beecher Stowe forse non ci sarebbe stata la guerra di secessione" ebbe modo di dire il presidente degli U.S.A. Abraham Lincoln, artefice dell'abolizione della schiavitù (abolizione, c'è da dire, in un primo momento solo formale).  "La Capanna dello Zio Tom" è uno di quei pochi libri che ha veramente cambiato il mondo, lo si può dire senza problemi. Cambiò il mondo perchè cambiò gli Stati Uniti d'America, che proprio in quel periodo s'avviavano a divenire il paese leader nel mondo. All'uscita del romanzo si sollevarono forti polemiche in tutti gli stati della federazione sul problema della schiavitù, l'autrice fu vittima di campagne giornalistiche finalizzate a screditare lei e la sua opera nonchè di veri e propri atti intimidatori, il più clamoroso dei quali fu l'invio per posta di un orecchio mozzato di uno schiavo nero.

Il romanzo è estremamente lineare, semplice, a tratti semplicistico, peccando qua e là di sentimentalismo e offrendosi a distorsioni (che puntualmente si verificheranno negli anni successivi) che ne snatureranno il contenuto. Ma l'importanza delle tematiche trattate e degli effetti causati bastano a colmare questi difetti di forma.  Ma di cosa parla questo libro? Parla delle avventure di alcuni schiavi neri del Kentucky venduti dal loro padrone per motivi economici. Eliza vede ceduto il proprio figlioletto e decide di fuggire durante la notte per portarlo in salvo in Canada (terrà di libertà e opportunità, proprio quello che dovrebbero essere gli Stati Uniti), dove si deve ricongiungere con suo marito.

Il vecchio zio Tom invece, pur non biasimando la scelta di Eliza, decide di sottostare alla decisione, presa peraltro controvoglia, del suo padrone cui è molto affezionato. Inizia così un viaggio verso Sud dove si ritroverà prima servo di una famiglia buona e compassionevole, e poi schiavo in una piantagione di un crudele bianco, Simon Legree, uomo dalla frusta sempre pronta. Zio Tom accetta ogni evento, ogni imprevisto, ogni situazione della sua vita con incrollabile fede in Dio: è infatti un fervente cristiano, e pagina dopo pagina egli assume una connotazione sempre più sacra, persino divina. La sua statura morale cresce e cresce fino a render possibile un paragone con la figura di Gesù stesso. Di questo parla "La Capanna dello Zio Tom", di questo, e ovviamente di molto altro: delle mille sfaccettature dei rapporti bianchi/neri, dell'amore, della speranza e del sacrificio.  Che poi l'espressione "zio tom" sia passata col tempo ad indicare il nero servile, accondiscendente e non ribelle, beh questa è un altra storia, frutto di quelle storture di cui prima accennavo, che resero i personaggi del romanzo piatti stereotipi. 

Quel che è importante è ciò che Harriet Beecher Stowe ci descrive: una situazione di stallo, una malattia che va curata a tutti i costi. Verrà fatto, coi cannoni e le spade, tramite la guerra di secessione americana. Solo un primo passo, indubbiamente, se si pensa a quanta strada c'era ancora da fare, a quanta ancora ce n'è davanti a noi. Ma era il 1852 è quel primo passo andava fatto, gli americani si trovarono sbattuti in faccia tutti gli orrori della schiavitù, e come reagirono? Più di un milione di copie vendute in un anno e mezzo, successo clamoroso. Gli Stati Uniti, e il mondo, avevano aperto gli occhi ed erano evidentemente pronti ad affrontare il problema.

Carico i commenti...  con calma