In Italia a partire dalla seconda metà degli anni settanta, dal ridente Sol Levante son giunti anime d’ogni argomentazione e categoria e nel pieno del dominio robotico dei giganti “nagaiani”, dei loro strambi surrogati e dei fragili bambini orfani, sempre in lotta con governanti arpìe, ricchi arroganti e tragicomiche vicissitudini “fantozziane”, ecco approdare sulle piccole emittenti dello stivale, ciò che rappresenta in linea di massima l’esordio ufficiale del maestro Hayao Miyazaki: “Mirai shonen Konan”, avvincente serie di 26 puntate, da noi tradotto in “Conan, il ragazzo del futuro”, tratto dal romanzo "The Incredible Tide", di Alexander Kay.

Pochi anni prima di Conan e ben tre decenni prima della consacrazione mondiale del pluripremiato “La città incantata”, il talentuoso Miyazaki inizia a gettare le basi del proprio operato collaborando alla prime due serie di Lupin III, firmandone magistralmente la regia in alcuni episodi, oltre che a effettuarne lui stesso un lungometraggio “Il castello di Cagliostro”, poco dopo il completamento di Conan. Lungo quel decennio la Nippon Animation, offrì il delicato compito a Hayao di curare la scenografia di “Heidi” (‘74) e “Anna dai capelli rossi” (‘79), due delle più illustri orfanelle citate poc’anzi, nonché “Marco” (‘76) “spin-off” tratto dal racconto “Dagli Appennini alle Ande” del libro “Cuore”. Le tre serie dirette dall’amico e collega Isao Takahata, grazie a quel contributo, a distanza ormai siderale offrono disegni di una qualità eccellente, fresca e particolarmente godibile. Forse "Heidi" è invecchiato un pò di più rispetto agli altri, ma lo stile è riconoscibile.

Non poteva essere da meno Conan, che esce in Giappone nel 1978 e narra le vicissitudini di un ragazzino in un mondo postbellico nell’annus domini 2028, dove i continenti sono sprofondati a causa delle conseguenze di una bomba magnetica esplosa vent’anni prima, frutto della scoperta dell’energia solare da parte di alcuni scienziati e in cui i pochi sopravvissuti al disastro risiedono sparsi su alcune isole, molti dei quali su Indastria, una grigia e funzionale città gestita da Lepka, dove proporzionalmente alla loro utilità sociale, i cittadini hanno diritto ad una normale esistenza o alla segregazione nel “blocco Core” sotto terra. Conan ha circa 12 anni e non ha mai varcato le distese d'acqua oltre l'isola Perduta, sulla quale abita col nonno. La coetanea fuggiasca Lana, rinvenuta priva di sensi sulla spiaggia, sarà la ragione primaria dell’avventura che Conan intraprenderà per mari e terre. Più volte rapita per conto di Lepka, sempre più propenso a spinte totalitarie, la piccola Lana è per quest’ultimo, la chiave di volta per accedere al segreto dell’energia solare; infatti il desaparecido dottor Rao, è l’unico a conoscere l’iter scientifico per dar vita al potente espediente in grado di ripetere i danni causati vent’anni prima e che Lepka desidera morbosamente per i propri malefici fini. Ma non ha tenuto conto che il giovane temerario Conan, è motivato più che mai a salvare dapprima la ragazzina, sposando di conseguenza la causa di migliaia di persone, cui la spada di Damocle di un nuovo disastro incombe. Personaggi dapprima ambigui e ostili, offriranno successivamente un contributo essenziale all’opera di liberazione dei territori minacciati. L’isola di Hyarbor, terra natìa di Lana e del dottor Rao, è l’antipodo di Indastria; i suoi abitanti sono legati alle attività artigianali, coltivano la terra, allevano animali, producono manualmente gli oggetti che utilizzano, sono socievoli, altruisti, collaborano l’un l’altro per il proliferare positivo della comunità. Hyarbor è il seme fecondo da cui tutto si rigenererà.

Bisogna ricordarsi che si tratta comunque di un cartone animato e talvolta si esagera ponendo il protagonista innanzi ad imprese umanamente impossibili per l'età rappresentata, quali sollevare e spostare oggetti immensi o dopo balzi di decine di metri porsi in equilibrio su cornicioni di due centimetri, ma ciò serve anche a rendere l’idea della tenacia e della pragmaticità del ragazzo, che con l’ausilio di un solo arpione affronta ogni pericolo. Quell’arma bianca è il suo scettro, è il simbolo della semplicità contro l’intimidatorio strapotere delle armi più tecnologiche e convenzionali (gli stessi giapponesi dal 1945 ne sanno qualcosa).

Miyazaki rispetto al romanzo, modifica e attenua l’anime plasmandolo appositamente per gli interlocutori più giovani, mantenendo comunque una trama affascinante e sostenuta che non annoia mai e che in merito alle sue profonde tematiche inclini al viscerale amore per la natura (argomento caro al regista) e al fondamentale spirito di sodalizio tra gli uomini, sa anche attirare la sensibilità di un pubblico più in là con gli anni, infondendo un immaginario di estensione dei confini di tempo e di spazio.

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