Herschell Gordon Lewis… Chi era costui? Nacque nel 1926 in Pennsylvania e morì in Florida nel 2016 per un totale di 90 anni tondi, mica male.
Ebbene, egli fu un regista e produttore cinematografico e può essere considerato il padre del genere splatter, sottogenere del cinema horror. Genere che a sua volta si rifà al Grand Guignol, celebre teatro parigino inaugurato nel 1897 e chiuso nel 1963 che rappresentava spettacoli decisamente macabri e truculenti.
Sangue e budella dunque? Oh sì, ma anche occhi cavati, cervelli e cuori asportati… del resto cosa non si farebbe per un sacrificio umano da immolare alla dea egizia Ishtar? Già, perché è questo il tema del leggendario Blood Feast (Festa di Morte) del 1963, il primo lungometraggio della cosiddetta Trilogia del sangue (The Blood Trilogy) al quale seguiranno 2000 Maniacs (1964) e Color Me Blood Red (1965).
A Miami, in Florida, la signora Dorothy Fremont si rivolge a Fuad Ramses, un commerciante di origine egiziana per organizzare la festa della figlia Suzette.
Quello che la donna ignora è che l'uomo, un sadico assassino, intende trasformare la festa in un banchetto di sangue per riportare in vita la dea Ishtar…
E così, il buon Fuad, si sbatte decisamente e senza posa per procurarsi il materiale (organico) da trattare per il suo personalissimo blood feast e se ne va in giro ad ammazzare brutalmente ed in vari modi le malcapitate di turno, giovani ed avvenenti ragazze, perché alla dea Ishtar solo il meglio del meglio… gli ammazzamenti sono fantasiosi e brutali, il sangue scorre a profusione, le viscere asportate con grande diligenza e soddisfazione.
Fuad è dunque uno dei primi serial killer del cinema e senza dubbio lascia il segno. Sui 50 anni, altezza media brizzolato, occhi spalancati da invasato, sopracciglia doppie-doppie da competizione, vestito nero e zoppo ad una gamba. Sebbene sia poco più che un maldestro sciancato sembra inafferrabile, ammazza a tutto spiano e la polizia brancola nel buio…
Visto oggi, 60 anni dopo, ma per certi versi la cosa è voluta, il film ha anche una sottile linea umoristica che sfocia nel ridicolo, laddove la follia del nostro si spinge al parossismo in un’enfasi esagerata. Tuttavia il lavoro d’insieme è valido e non solo per l’audacia della proposta ma per la messa in scena. Una fotografia vivida che esalta e risalta il sangue, vero e proprio protagonista della pellicola, di un rosso acceso, smagliante, fin troppo vivido. Gli omicidi brutali ed espliciti, volutamente scioccanti e repellenti. E che dire della colonna sonora? Composta dallo stesso Lewis, la colonna sonora è piuttosto centrata e variegata, spaziando da semplici percussioni ossessive, tam-tam di morte, al violoncello vampiresco, al crescendo orchestrale, Vi sono, inoltre, soluzioni registiche di rilievo, dissolvenze, dettagli che collegano una sequenza ad un’altra, insomma non è un lavoro peregrino.
E così, non fosse altro per curiosità o cultura personale, il film è consigliato anche per la sua peculiarità, originalità e la sua importanza storica. Dategli una chance.
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