Mi generano una cordiale antipatia, i nostri amici francesi: eppure adoro il cinema francese, lo "sento", lo sento mio.

Questo (titolo originale Un Homme pressé) é un film senza pretese particolari, ma proprio per questo motivo devo ammettere di adorarlo.

La trama é presto detta: Alain é un top top manager di enorme successo che ha sacrificato la vita famigliare a vantaggio delle innumerevoli soddisfazioni che quella professionale gli ha procurate.
La sua vita non é "umana", ma é quella riservata ai super Vip.
Subisce un ictus che gli rende "casuale" il rapporto tra il detto intenzionale ed il detto reale.
Ovvero, pensa di dire cose sensate, ma gli escono parole a caso.
Questo gli comporta la perdita del lavoro (in un modo forse eccessivamente ed inverosimilmente duro), la necessitá di un percorso di riabilitazione d'un tratto umano, una schermaglia incerta nel tentativo di ricongiungersi con una figlia che non conosce affatto, ed un finale salvifico sul percorso di Santiago.

Scorgo tre zone d'interesse precipuo nelle tematiche affrontate.

Innanzitutto l'indagine sulle motivazioni che spingono un uomo a sovrapporre la vita professionale alla vita biologica.
É genuino amore per il ruolo, e per il livello eccelso al quale lo sa svolgere?
É l'effetto della morte precoce della moglie, con un impossibile tentativo di compensazione?
É semplice Horror vacui?

Poi la fase della malattia (descritta in modo leggero, divertente e divertito, non vi aspettate scene dolorose e toccanti perché non ce ne sono) e della terapia.
I dialoghi che lo vedono protagonista sono stralunati e a tratti psichedelici, la differenza tra ció che pensa di dire e quel che gli esce dalla bocca é decisamente esilarante.
E la fatica, la pazienza, la forza d'animo con le quali affronta il percorso di convalescenza, te lo fanno sentire vicino.

Infine il rapporto difficile con la figlia che lo porta - lui che mai ebbe un momento per sé stesso - ad intraprendere un viaggio di due mesi sul Cammino di Santiago con la sola compagnia del cane, unico amico disposto a seguirlo, cane di casa che all'inizio del film egli neppure conosceva.

Un film delicato e geniale.
Un piccolo film, ma costruito nel modo migliore nel quale un piccolo film possa essere costruito.
Un gioiello.

Il regista, Mimran, non ha molto alle spalle, io per esempio non lo avevo mai sentito nominare.

Il protagonista é Fabrice Luchini. Un pezzo grosso in Francia, lo considerano un pó una loro bandiera, e ve ne é motivo.
Ha fatto teatro, tanto teatro, e se ne porta via meriti e contenuti.
Il film é interamente incentrato su di lui, le scene nelle quali non é inquadrato sono poche.
Ciononostante non fa il mattatore, mantiene un profilo basso che lo rende inevitabilmente simpatico.

Eccellente la collezione delle musiche d'epoca usata come colonna sonora, tutte significative e messe lí non a caso.
Fantastici i titoli di coda.
Non dico niente. Ma fateci caso ai titoli di coda, per favore.

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